Verrà pronunciata a maggio al sentenza riguardante la morte di Daniele Peroncelli, elettricista trentaduenne di Busca che nel gennaio 2020 morì nel capannone di un’azienda di autotrasporto dove stava svolgendo alcuni lavori. La sua fu la prima morte bianca dell’anno in provincia di Cuneo.
Quella mattina l’operaio si trovava presso la Trae Srl, su una piattaforma elevata alta otto metri. Stava svolgendo lavori di manutenzione su alcuni lampadari appesi al soffitto, quando, ad un certo punto, facendo retromarcia, batté la testa contro una capriata e cadde a terra esanime. Lasciò i genitori, la sorella, la moglie e la figlioletta di due anni.
L’impatto e il trauma cranico furono fatali. Ad avergli subappaltato il lavoro era stata la ditta per cui lavorava prima di mettersi in proprio, la Imq, i cui titolari, M.Q. e D.Q. sono ora accusati in tribunale a Cuneo di omicidio colposo. Con loro, c’è anche D. B. il proprietario del capannone. Coimputato, nonchè proprietario del mezzo su cui Peroncelli era a bordo, l’imbianchino S.B. La famiglia di Peroncelli è costituita parte civile contro i titolari della Imq.
Per la Procura, rappresentata dal pubblico ministro Alessia Rosati, il lavoratore non si sarebbe dovuto trovare su quella piattaforma che, tra l’altro, avrebbe anche avuto i pittogrammi sui tasti del comando sbiaditi. Peroncelli, come anche emerso nel corso dell’istruttoria, non avrebbe neppure avuto l’abilitazione per poterla guidare. Il pubblico ministero ha chiesto per tutti gli imputati la condanna: per D.Q. 3 anni di reclusione e 7 mesi di arresto, 3 anni anche per M.Q. e 14 mesi di arresto e per D.B. e S.B. 2 anni di reclusione.
Ad associarsi alle conclusioni del sostituto, anche il legale della famiglia che ha chiesto un risarcimento da corrispondere alla figlia di un minimo di 154mila euro, altrettanti per la moglie, 119 mila euro in favore dei genitori e 21mila euro per la sorella.
Per le difese degli imputati, invece, a seguito dell’escussione dei consulenti tecnici, si sarebbe trattato di un errore umano. A seguito dei sopralluoghi la piattaforma era stata sottoposta ad alcuni test per verificarne il coretto funzionamento. Secondo gli esperti, il mezzo non avrebbe presentato alcun difetto e anche i pittogrammi, le cui sbiaditure non avrebbero compromesso la visuale perché non così usurati, sarebbero stati abbastanza intuitivi. L’infortunio, dunque, si verificò perché ci sarebbe stato un ritardo nel rilascio dei comandi.
A maggio, le arringhe difensive.