Cronaca - 11 marzo 2025, 19:11

La "baby gang" della stazione di Mondovì dà la caccia alla capotreno per "fargliela pagare": due cugini a processo

In aula ha preso la parola uno di loro, imputato anche in un altro procedimento di aver imbrattato i muri della stazione: "Non avrei mai minacciato una donna"

Una delle scritte comparse sulla parete della stazione di Mondovì

Una delle scritte comparse sulla parete della stazione di Mondovì

Una vera e propria “caccia all’uomo” per vendicare l’amico minorenne che, senza biglietto, era stato fatto scendere dal treno. Questo, quanto contestato dalla Procura di Cuneo a S.R. e F.R.., cugini di origini marocchine poco più che ventenni e “noti frequentatori della stazione di Mondovì”. 

Oltre ad un processo per minacce aggravate alla capotreno, su S.R. pende anche un procedimento per imbrattamento e vilipendio delle forze armate: sarebbe stato lui, assieme ad altri, ad aver imbrattato le pareti delle casse automatiche, della biglietteria e quella posta all’ingresso della sala d’attesa della stazione nel febbraio 2023.

Era piena emergenza Covid e l’amico minorenne dei cugini era stato ripreso dalla controllora di Trenitalia perché non indossava la mascherina e non aveva il biglietto. Fatto scendere dal treno fermo a Lesegno il giovane, poi processato di fronte al tribunale per i minori di Torino, la minacciò di morte. Da quel momento, per la ragazza non ci sarebbe più stata pace perché la “gang” di cui il ragazzino faceva parte avrebbe iniziato a cercarla per “fargliela pagare” e  “vendicarsi”.

I “giustizieri” sono i cugini S.R. e F.R. che, accusati di minaccia aggravata e interruzione di pubblico servizio in tribunale a Cuneo,  l’anno scorso sono stati anche destinatari di una misura di aggravamento di sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per la durata di tre anni per via delle numerose violazione del Daspo urbano emesso dal Questore.

Alla lunga lista di condanne, anche per rapina, che compaiono nel “curriculum” dei giovanissimi, ora deve aggiungersi anche il processo penale dove si sono costituiti parte civile la capotreno e Trenitalia.

I due cugini erano riusciti a risalire all’identità della vittima attraverso una fotografia estrapolata dai social e, decisi a portare avanti la vendetta del loro amico, avrebbero bazzicato più volte tra le stazioni di Mondovì e Fossano per chiedere a capotreni e controllora se la conoscessero. Ma in aula, S.R. s è difeso spiegando che, in realtà, lui sarebbe estraneo a tutto: “Quando andavo alla stazione - ha detto- sentivo molti ragazzi chiedere di questa ragazza. Urlavano il suo nome e ridevano: era un gioco che facevano”.

Sono due gli episodi contestati: il primo risale al 24 settembre 2022 alla stazione di Mondovì, quando intorno alle 17,20 del pomeriggio i due cugini si sarebbero avvicinati al finestrino da cui si era sporto il macchinista che attendeva l’autorizzazione per far partire il treno: “Erano tre giovani e uno di loro era soprannominato “il molleggiato”- aveva spiegato -. Si sono avvicinati e S.R. mi ha detto “stai attento, se non ci fai salire ci aspettiamo qua. L’altro non ha parlato. Ero spaventato perché sapevo dei numerosi disagi che stavano creando e io quella sera sarei dovuto tornare lì”.  “Non gli ho detto così- ha assicurato S.R.- Gli avevo chiesto perché non ci facesse salire sul treno aggiungendo che avremmo preso quello dopo”.

Ma la stessa sera, intorno alle 21.20 , il “branco” era in stazione ad attendere l’arrivo del treno. “Con me c’era anche il capotreno ad assistere alla scena – aveva continuato il macchinista -. Abbiamo preferito chiudere tutte le porte di servizio viaggiatori prima di Mondovì, invitando i passeggeri che dovevano scendere a farlo alla prima parte. All’arrivo S.R. mi ha mostrato la foto della collega chiedendomi se la conoscessi. Mi disse anche su quali linee lavorasse e che la stava cercando per via di una querela. Non mi lasciavano chiudere la porta e F.R., dopo aver azionato la maniglia di emergenze del convoglio, aveva messo i piedi per impedirmi di chiudere la porta”.

 Dopo una decina di minuti finalmente la partenza. “Penso mi abbiano scambiato per qualcun altro -si è difeso S.R. - Mi  conoscono anche con nome e cognome perché spesso, uscendo con questo gruppetto, ho creato problemi in stazione. Dopo i fatti sono andato a chiedere scusa al macchinista che mi aveva denunciato”.

Qualche giorno dopo, poi, il 28 settembre, il prosieguo della “caccia all’uomo”. A raccontarlo una collega della vittima: “Ero in servizio sul treno di Mondovì quando tre ragazzi si sono avvicinati al binario e mi avevano chiesto se conoscessi la collega che aveva denunciato il loro amico. Dopo le ho inviato un messaggio e lei mi aveva detto di avere una paura folle e che sapeva che la stavano cercando”. Un senso di timore e paura anche altri colleghi della controllora: “Se mi aveste chiesto due anni se avevo paura avrei detto sì  – ha confermato una capostazione – Avevo anche paura di tornare a casa perché più volte sono stata minacciata e insultata. Sapevano dove abitavo. Erano un gruppo e S.R. c’era sempre”. 

“Non avrei mai minacciato una donna - ha assicurato S.R.- e non sarei nemmeno andato a cercare la controllata che nemmeno mi ha denunciato. Purtroppo ha capito tardi che davamo fastidio, ne sto pagando le conseguenze e  non solo per le sue azioni specifiche ma per quelle derivate da altri”.  

Alla prossima udienza di ascolterà la versione del cugino coimputato, F.R.. 
 

CharB.

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A MARZO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
SU