Curiosità - 26 gennaio 2025, 18:55

Il percorso del Giandujotto al Sigep

L'iter di riconoscimento I.G.P. è stato illustrato alla 46 edizione dell'evento da Monica Meschini, esperta internazionale di cacao e cioccolato e co-fondatrice dell’International Chocolate Awards e Guido Castagna, Presidente del Comitato del Giandujotto di Torino I.G.P

Il percorso del Giandujotto al Sigep

Rimini, gemma della costa adriatica, con le spiagge dorate e il fascino del suo centro storico, ha tantissimo da offrire anche fuori stagione e regalare emozioni speciali e aromi da gustare. Soprattutto a fine gennaio, quando ospita la grande kermesse internazionale del Foodservice. 

La 46ª edizione di Sigep, che si è svolta dal 18 al 22 gennaio, ha presentato interessanti novità del settore, focalizzandosi sull’adozione di tecnologie a basso impatto ambientale. 

L’evento ha registrato un successo senza precedenti (+14% di presenze, con un record del +26% di visitatori provenienti da 160 paesi), consacrandosi come riferimento per i settori della pasticceria, gelateria, panificazione, caffè e cioccolato.

Un palcoscenico privilegiato con riflettori accesi sul prezioso "cibo degli dei” in tutte le sue forme: tavolette, praline, torte, gelato, bevanda bollente o mousse spumosa… 

Una delizia paradisiaca, una festa per gli occhi e per il palato.

Tra i numerosi eventi ha destato particolare interesse “Il percorso del Giandujotto”, il cui iter di riconoscimento I.G.P. è stato illustrato da Monica Meschini, esperta internazionale di cacao e cioccolato e co-fondatrice dell’International Chocolate Awards e Guido Castagna, Presidente del Comitato del Giandujotto di Torino I.G.P.

Chi non conosce il Giandujotto, il cioccolatino a forma di spicchio o barchetta rovesciata, ottenuto impastando cacao, zucchero e nocciole “tonde e gentili”, coltivate sulle Langhe e nel Monferrato?

La sua storia risale a Napoleone, che con il blocco continentale aveva reso difficile reperire materie prime come il cacao. Cioccolato e nocciole, facilmente reperibili, iniziarono, allora, a fondersi per la necessità di contenere i costi.

La produzione del Giandujotto è iniziata a metà dell’Ottocento, con Pierre Paul Caffarel e Michel Prochet. La data di nascita (secondo alcune fonti, da far risalire già al 1852) è il 1865, in occasione del Carnevale torinese, quando i “givu”, piccoli cioccolatini fatti a mano e incartati singolarmente per la prima volta al mondo) furono “battezzati” con il loro attuale nome in onore della maschera Gianduja, simbolo della lotta per l’indipendenza piemontese.

La grande quantità di nocciole nell'impasto impose che per lungo tempo il cioccolatino dovesse essere tagliato a mano e non sagomato con le forme. 

Il gianduiotto è diventato il simbolo di Torino.  In un’epoca segnata dai brand che cancellano le identità e i legami con il territorio, in cui si mangia allo stesso modo a San Francisco e a Francoforte, il Giandujotto resta un magnifico esempio di prodotto “glocal”, secondo la massima “think global, act local” degli ecologisti americani. 

c.s.

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