Gli ultimi due mesi di politica provinciale sono stati caratterizzati da uno stillicidio di attacchi da parte della componente di centrosinistra “La Nostra Provincia” (ma meglio sarebbe dire dal Pd) al presidente della Provincia e sindaco di Mondovì Luca Robaldo.
Attacchi condotti in parte sulla mozione degli (ex)affetti “Robaldo è stato eletto presidente due anni fa grazie ai nostri voti e adesso, ingrato, ci volta le spalle perché siamo diventati compagni di strada ingombranti”.
Attacchi in parte dettati dal timore che il Patto Civico, che Costa e Robaldo stanno predisponendo in attesa del lancio ufficiale atteso per febbraio, possa attrarre quei voti moderati che in passato sono stati indispensabili al Pd per fare la differenza rispetto al centrodestra in quattro delle sette “sorelle”, Cuneo, Alba, Bra e Saluzzo.
Una guerra (si fa per dire) di nervi: il Pd di Mauro Calderoni sa che Robaldo sta per dare il benservito al centrosinistra e per questo lo pungola a ogni piè sospinto.
Per essere più espliciti, cerca un pretesto per farsi cacciare e poter dimostrare coram populo che Robaldo non è così moderato come si pensa, ma organico in tutto e per tutto a una destra che – secondo il Pd – è incapace di dare le risposte che la Granda si aspetta.
Robaldo resiste, preso com’è tra due fuochi: dal fronte sinistro da una parte e dal fronte destro dall’altra, visto che i due partiti Forza Italia e Fratelli d’Italia - la Lega non avendo seggi in Provincia è fuori dai giochi – chiedono soddisfazione sulla scorta dei risultati conseguiti alle elezioni del 29 settembre scorso.
Il Consiglio provinciale di fine gennaio dovrebbe vedere finalmente assegnate le deleghe e la vicepresidenza, che il presidente per due anni non ha voluto assegnare, con sommo disappunto del centrosinistra che ci sperava invece fortemente.
Alcune deleghe, per quanto informalmente, sono già state assegnate, mentre per la vicepresidenza sono in predicato due esponenti forzisti: Massimo Antoniotti (foto sotto) - già vice con Borgna e per qualche mese presidente nella fase di passaggio tra Borgna e Robaldo – e Simone Manzone, sindaco di Guarene.
Quest’ultimo (foto sotto) è risultato il più votato e – secondo radio onde azzurre – è lui l’uomo cui Cirio avrebbe promesso la vicepresidenza.
Ma il presidente della Regione, si sa, è prodigo di promesse salvo poi, per imponderabili ragioni, modificarle in corso d’opera.
Antoniotti ha dalla sua, rispetto a Manzone, maggiore esperienza e una più precisa conoscenza del funzionamento dell’Amministrazione provinciale.
Questo lo porrebbe, ad oggi, in posizione di vantaggio, ma finchè il decreto non sarà stato firmato tutto può ancora succedere.
In panchina, in veste di “decano”, c’è anche Silvano Dovetta, sindaco di Venasca e presidente dell’Unione Montana Valle Varaita, anche se è della stessa lista di Robaldo per cui la sua vicepresidenza appare avere minori chance.
Ci sarebbe – a ben vedere – anche l’elemento di rappresentanza di genere da tenere in considerazione, visto che su dodici consiglieri solo due sono donne.
Ma Stefania D’Ulisse (capogruppo nel municipio del capoluogo di Cuneo Democratica e Solidale) è espressione del centrosinistra e Ivana Casale (sindaca di Manta), come Dovetta, del Patto Civico, per cui quest’eventualità appare difficilmente praticabile.
Una partita – come si vede – complessa nonostante vicepresidenza e deleghe non siano incarichi così rilevanti dal punto di vista del potere reale essendo la loro funzione eminentemente politica.
Del resto, se ci sono voluti quattro mesi per arrivare a definire gli assetti di governance della Provincia qualche ragione dovrà pur esserci.
Tra una settimana, quando il Consiglio provinciale si riunirà a Mombasiglio, vedremo se sarà la volta buona.