Quella delle infrastrutture è questione cronica che viene riproposta all’inizio di ogni anno dal mondo economico e produttivo cuneese alla politica.
Col passare degli anni la situazione è andata incancrenendosi considerando che, a fronte di una già grave carenza, si sono frapposti nuovi problemi, conseguenza di eventi atmosferici eccezionali come la tempesta Alex dell’ottobre 2022 che nelle valli Roya e Vermenagna ha causato l’interruzione delle vie di comunicazione con Liguria e Francia.
A ben considerare è tutto il Piemonte a soffrire dato che sono interessati da difficoltà anche i trafori del Frejus e del Monte Bianco, tuttavia è nella nostra provincia che la situazione è andata aggravandosi per una serie di fattori, non ultimo la fragilità morfologica del territorio.
È appena il caso di citare per titoli alcune delle problematiche che ci trasciniamo appresso da tempo e che, anziché trovare soluzioni, si sono accentuate.
Cominciamo dal tunnel del Tenda, una vicenda per la quale ci si attende risposte concrete anziché aprire guerre con la Francia, giocando allo scaricabarile, che otterrebbero come unico risultato quello di complicare ulteriormente le cose.
Se consideriamo che in inverno una decina di centimetri di neve sono sufficienti a far chiudere il valico del Colle della Maddalena, abbiamo chiaro l’isolamento in cui si trova la Granda.
Poi ci sono le autostrade, Torino-Savona e Asti-Cuneo, che per una serie di oggettive ragioni non meritano forse nemmeno più di essere definite tali.
La A6 (To-Sv) è un cantiere perenne che riduce il transito per parecchi chilometri a una sola corsia e i viadotti, in buona parte ammalorati, necessitano di interventi urgenti.
L’Asti-Cuneo , come la celebre sinfonia di Schubert, ha tutti i requisiti per essere definita “L’Incompiuta”.
Ogni anno che passa, slitta l’apertura e gli ultimi provvedimenti adottati da settembre col sistema “free flow” paiono aver prodotto a camionisti e automobilisti più disagi che vantaggi.
E che dire della viabilità della valle Stura dove le circonvallazioni di Demonte e Aisone restano una chimera?
Aggiungiamo l’aeroporto di Levaldigi per il quale fior di imprenditori locali, a partire dal cavalier Amilcare Merlo, avevano creduto fortemente, sul quale varrebbe la pena fare una seria riflessione di prospettiva.
Senza dimenticare le tangenziali, che, per buona parte delle sette sorelle, attendono di essere ultimate o in molti casi ancora addirittura iniziate.
Gli oltre tre mila chilometri di strade di competenza dell’Amministrazione provinciale vedono la manutenzione ordinaria e straordinaria ridotta al minimo perché l’ente Provincia non ha più le risorse finanziarie per farvi fronte.
Meriterebbe ben più di un semplice cenno il trasporto ferroviario con reti obsolete, cronici ritardi e disservizi che periodicamente vengono denunciati dai pendolari.
Verrebbe da considerare che le strade ferrate nella Granda erano più efficienti e servivano il territorio meglio ai tempi di Giolitti di quanto lo facciano oggi.
Non indugiamo oltre nel cahier de doleances per evitare di incorrere nell’accusa di disfattismo, ma tant’è: la realtà è davanti agli occhi di tutti.
Si può indorare la pillola, si possono cercare (e trovare) mille alibi ma la sostanza non cambia.
Le realtà economiche e produttive della Granda chiedono alla politica di decidere, di sapersi assumere la responsabilità, di desistere da annunci e promesse che finiscono per lo più per essere disattesi.
Aprire ostilità internazionali non è la strada giusta: non serve a nulla.
Qualcuno ci aveva provato 85 anni fa, in altro contesto storico, e non si era rivelata una grande idea, per dirla con un eufemismo.
A chi è appena più scaltro in fatto di politica sorge il sospetto che si cerchi un sempre e comunque un capro espiatorio per nascondere incompetenza o, peggio ancora, mancanza di volontà.
L’opinione pubblica è esasperata, gli operatori economici – che dovranno fare i conti nel nuovo anno con imponderabili nuovi problemi legati alla complessa congiuntura internazionale - hanno esaurito la loro pazienza.
I politici, ai vari livelli istituzionali, hanno il potere (non totalmente ma in buona parte sì) per mettere i gestori delle autostrade e le imprese che si aggiudicano gli appalti delle grandi opere nelle condizioni di rispettare regole e tempistiche.
Che il 2025 sia dunque un anno con meno proclami, improntato semmai al pragmatismo e al coraggio richiesti a chi ha accettato di assumersi ruoli di guida nella gestione della cosa pubblica.