Su di lei quell'uomo avrebbe avuto un controllo totale: doveva sapere con chi parlava al telefono, chi vedeva e che cosa faceva. Erano arrivati a Verzuolo dall’Albania nel 2020 e lei l’aveva sposato da giovanissima, forse a seguito di un matrimonio combinato. Tutti i soldi che lei rimediava tramite lavoretti saltuari doveva darli a lui. Poi, dopo due anni di matrimonio e l’ennesima lite, in cui lui sarebbe arrivato ad aggredirla fisicamente, tentando persino di strangolarla, ha deciso di denunciarlo e rifarsi una vita.
L’uomo si trova attualmente a processo al Tribunale di Cuneo con l’accusa di maltrattamenti. A due anni dalla denuncia la donna ha ottenuto il divorzio e oggi ha una casa per sé e un lavoro.
Il coinvolgimento della giustizia è arrivato grazie a un’amica a cui lei aveva mandato delle foto dei segni che lui le aveva lasciato sul collo. “Ricordo di aver visto un livido una volta e in un’altra occasione aveva male a una mano. Lei mi disse soltanto che era stato il marito. Non aggiunse altro”, ha detto l’amica della donna, chiamata a testimoniare.
La testimone ha anche riferito di come la donna fosse timorosa di possibili ritorsioni dopo la denuncia: “So che la famiglia la chiamò per farle ritirare la denuncia - ha precisato -. Lui chiamò anche mio fratello per dirgli che non dovevo venire in tribunale a testimoniare . Gli disse che non mi dovevo presentare perché io non c’entravo niente. Ma io non ho paura della verità”.
Di tutt’altro parere la nipote, minorenne, dell’uomo – testimone diretta secondo il pubblico ministero – dell’aggressione. Che chiamata a testimoniare ha sostenuto che in realtà quei segni la donna se li sarebbe procurati da sola: “Non li ho mai visti litigare - ha detto -. Penso fosse una coppia molto felice. Quel giorno lo zio voleva il cellulare della zia e lei non glielo ha dato. Poi l’ho seguita in bagno e l’ho vista mettersi le mani alla gola e farsi i segni. Mio zio è molto tranquillo, non farebbe mai male alla zia”.
Di una relazione felice tra i due ha anche parlato la sorella dell’uomo: “Il loro non era un matrimonio combinato. Avevano deciso tutto insieme”.
Il 9 aprile prossimo si ascolterà l’imputato e altri testimoni. La sentenza è stata fissata per il 28 maggio.