CI SONO COSE DA NON FARE MAI COME LA GUERRA, scrisse Gianni Rodari. Pare quasi una banalità, eppure soprattutto in questi ultimi anni l’impressione è che chi ha il potere politico e finanziario non la pensi affatto così.
Così è iniziato l’evento organizzato al Caffè sociale il 22 novembre dalle Donne in cammino per la pace di Mondovì.
Possiamo definirci “un mondo in guerra” secondo i dati dell’edizione 2024 del Global peace index, pubblicato a giugno dall’Institute for Economics & Peace. Nel mondo sono attivi 56 conflitti, il numero più alto mai registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Una nota, se pur a margine, merita di essere aggiunta: secondo i dati pubblicati dall'Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma (Sipri) il 4 dicembre 2023, la produzione di armi non riesce a soddisfare la domanda.
Le Donne in cammino per la pace, però, continuano a cercare risposte diverse al conflitto armato e alla repressione poliziesca: i loro modi sono i flashmob del sabato mattina (vi daremo i prossimi appuntamenti) e gli incontri di controinformazione e di autoformazione a una cultura di pace e di rispetto dell’altro. Oltre alla strada, hanno ritenuto il Caffè sociale un luogo perfetto in cui agire, per la sua storia e per la sua mission.
L’enormità dell’ingiustizia che, non solo dal 7 ottobre, si verifica in Palestina ci ha fatto decidere di uscire dalle nostre case sicure per chiedere che si fermino le violenze a Gaza e in Cisgiordania, che vengano liberati gli ostaggi israeliani e che finisca l’occupazione perchè si realizzi finalmente l’autodeterminazione del popolo palestinese.
La liberazione della Palestina dovrebbe essere un punto di partenza e non di arrivo: le Donne in cammino sono ben consapevoli della necessità di sollecitare l’attenzione anche sugli altri conflitti in corso. La loro idea è di costituire un embrione di scuola di pace diffuso sul territorio. Una grande ambizione, certo. Ci si può davvero pensare.