"Un peggioramento continuo". Mentre le notizie che arrivano anche dai colossi europei dell’auto rimandano a scenari sempre più gravosi, lo sciopero che lo scorso 18 ottobre ha fermato il comparto anche nella nostra provincia non sembra aver invertito la rotta di un settore che pure alle nostre latitudini ha iniziato a servirsi in modo sempre più massiccio del ricorso agli ammortizzatori sociali, su tutte la cassa integrazione guadagni.
"Non siamo sorpresi – dice Domenico Calabrese, della Fiom Cgil – . La richiesta di 'cassa' da parte delle aziende del metalmeccanico è quasi triplicata, rispetto a quella registrata nei mesi da gennaio ad agosto di quest’anno. Da settembre a ottobre abbiamo avuto un aumento del 150%. Il settore in provincia occupa 30mila addetti e Fiom è presente in aziende che ne contano complessivamente 10mila: il 30% di queste ha attivato procedure di attivazione della cassa integrazione. Se guardiamo ai numeri, sono addirittura superiori alle richieste che avevamo nel 2009, in anni di piena crisi. Ora sono davvero tante le aziende che la stanno usando in modo diffuso".
Dove non è la cassa, a fare da spia alla frenata che si va registrando in numerose produzioni è il mancato rinnovo dei contratti ai lavoratori cosiddetti "somministrati": "Certamente – dice qui Calabrese –, loro sono la prima cartina di tornasole, sono quelli che vengono lasciati subito a casa quando gli ordinativi calano e le produzioni conseguentemente rallentano".
Il primo effetto di una simile dinamica è la contrazione dei redditi e quindi della capacità di spesa della manodopera interessata: "Coi somministrati calano gli occupati, che nella nella migliore delle ipotesi avranno la Naspi, se l’hanno maturata. Ma anche la 'cassa', così diffusa, con gli stipendi decurtati in modo anche severo, non potrà che riflettersi pure su altri ambiti, a partire dal commercio. La situazione è seria, perché da una parte non ci sono segnali di una possibile inversione all’orizzonte, mentre la manovra messa in campo dal Governo non dà risposte adeguate, in termini di politiche del lavoro. Non dà reddito, non più".
In casa Fiom le previsioni non sono positive. "In assenza di politiche industriali noi continuiamo ad avere una situazione che sicuramente non si sbloccherà in tempi brevi. E anzi, su alcuni comparti durerà per tutto il 2025. A Torino questa crisi è già partita da mesi, se non quasi un anno. Oggi vede coinvolta seriamente anche la nostra provincia, dove sono numerose le aziende che operano nella componentistica auto. Le cause? Sicuramente l’auto è un problema in sé, sul quale non ci sono risposte dalla politica come da Stellantis, per quanto riguarda l’Italia. Il resto lo fanno le politiche industriali: il cosiddetto’ bianco’, la lavorazione di elettrodomestici, si sposta dove la produzione costa meno. Il settore dei trattori e del movimento terra è molto ciclico e ora sta scontando gli effetti del Superbonus, con la conseguente frenata dell’edilizia" .
A questo scenario si affianca il tema del rinnovo del contratto nazionale di categoria. "Anche a Cuneo i metalmeccanici si mobiliteranno per contratto che possa restituire dignità a questi lavoratori, a partire da un opportuno recupero dell’inflazione. Servono temi seri, come la riduzione di orario, perché la digitalizzazione porterà a una riduzione del lavoro. Servirà mettere in campo azioni adeguate per dare un futuro al comparto".