La città di Borgo San Dalmazzo non fu colpita dalla disastrosa alluvione che trent'anni fa devastò la provincia di Cuneo. La zona della Valle Vermenagna, che sarà invece violentemente frustata dalla 26 anni dopo, nel 2020, dalla violenza della Tempesta Alex, non venne risparmiata, ma fortunatamente pagò un numero minore di vittime nonostante anche qui i danni materiali furono ingenti.
Ma l'allarme restò alto anche qui e per giorni si dovette far fronte all'emergenza: "Ho un ricordo vivo del 4 novembre del 1994 - racconta l'allora sindaco della città, Marco Borgogno -. A Borgo erano confluiti dalla Lombardia sia ex combattenti sia alcuni ufficiali in quiescenza, legati alla nostra caserma Fiore, allora sede del 2° Reggimento Alpini. La manifestazione pubblica aveva avuto luogo sotto una pioggia battente che perdurava da alcuni giorni".
"Dopo la cerimonia, le autorità ed alcuni dei partecipanti erano stati invitati a pranzo presso l’albergo Roma, ma le notizie giunte dalla Prefettura consigliarono gli ospiti di interrompere l’incontro conviviale e ripartire con urgenza", continua Borgogno.
Il rischio era la possibilità di chiusura di alcune strade verso la pianura padana con l’ipotetica impossibilità di raggiungere le loro residenze.
"Nel contempo - aggiunge l'ex sindaco borgarino - il Prefetto di Cuneo mi invitò a convocare con urgenza il C.O.M. (Centro Operativo Misto N.d.R), una struttura presso il Municipio aperta 24 ore, con la presenza dei rappresentanti di tutte le forze di Polizia, Militari, Sanitarie e di Protezione Civile, in grado di coordinare azioni di controllo, di intervento e di collegamento in tutta la fascia delle vallate a monte della città".
A collaborare con i componenti del C.O.M., spesso in perlustrazione sotto la pioggia battente, vi era il dott. D’Angelo della Prefettura di Cuneo in stretto contatto con gli uffici centrali.
Ancora Borgogno: "A creare problemi nella zona di nostra competenza fu soprattutto il torrente Vermenagna, dove a Robilante il materiale e i tronchi portati dall’acqua, avevano creato una sorta di diga sotto i ponti allagando una zona di terreno talmente ampia da raggiungere la linea ferroviaria, impedendo il traffico dei treni".
Lo stesso torrente, più a valle, nella confluenza con il Gesso aveva eroso la via del Ciadel, provocando la morte di un roccavionese che transitava con l'auto in quel momento: "La nostra squadra di Protezione Civile fu richiesta dal comune di Farigliano, dove il Tanaro stava creando sfracelli: i nostri volontari fecero un buon lavoro anche se fu un ordine che non diedi loro senza preoccupazione".
Lo stabile delle officine Bertello, del quale il Comune stava trattando la proprietà, fu posto, con accordo prefettizio, a centro di raccolta dei beni di soccorso, arrivati consistenti da ogni parte d’Italia e da redistribuire nelle zone colpite dall’esondazione: due muletti lavorarono giorno e notte per scaricare ed accatastare all’asciutto i beni di prima necessità.
Marco Borgogno ha ancora nitidi nella mente i ricordi di quei drammatici momenti: "La solidarietà era stata talmente copiosa che fu incaricata la Croce Rossa di Borgo per occuparsi della distribuzione. Quelle giornate intense e solidali, mutarono però il corso delle cose: se prima di allora le catastrofi naturali appartenevano al “Destino” o al “Castigo di Dio” per i credenti , dopo di allora furono i responsabili della "cosa pubblica" ad essere considerati colpevoli delle mancanze".
Il pensiero finale dell'ex sindaco: "Molti sindaci, responsabili degli uffici tecnici, persino i Prefetti finirono sotto processo ed oggi, dopo ogni catastrofe, è soprattutto la ricerca umana dei colpevoli a impegnare i media con un’insistenza spesso fastidiosa e inopportuna".