Attualità - 04 novembre 2024, 14:07

Il Piemonte come Valencia? Non si può escludere. Ma rispetto al ‘94 qualcosa è cambiato [VIDEO]

Il convegno dei geologi a trent’anni dall’alluvione. Allora i morti furono 69. Oggi la macchina di soccorso e i sistemi di preavviso sono rodati, ma i territori restano fragili. Il 2024 nella nostra Regione è già l'anno più piovoso degli ultimi decenni

Il Piemonte come Valencia? Non si può escludere. Ma rispetto al ‘94 qualcosa è cambiato [VIDEO]

Si è aperto con un minuto di silenzio in ricordo delle vittime di Valencia, il congresso dei geologi organizzato a 30 anni dall'alluvione che piegò il Piemonte. Il titolo del momento di approfondimento organizzato oggi, 4 novembre, presso l'auditorium della Città Metropolitana, con esperti del settore, è significativo: "Abbiamo davvero imparato la lezione?”.

La necessità di farsi trovare pronti

Il tema è quanto mai attuale. Da allora il Piemonte si è trovato a dover fare i conti con altre alluvioni. L’episodio del ’94 ha insegnato la necessità di farsi trovare pronti, prendendo tutte le precauzioni del caso. Ma una cosa resta certa. Non si può evitare che le piogge cessino, non si può evitare che i fiumi si ingrossino, non si può evitare che l’acqua fuoriesca dalle sponde e che colpisca i centri abitati. 

In tempi di cambiamento climatico questi fenomeni arrivano con una violenza impattante e di breve durata. Senza andare troppo lontano, basti pensare al fenomeno di appena due mesi fa, in Valle Susa, con più di 200 millimetri scesi in poche ore e migliaia di detriti che da Mattie sono andati a depositarsi poco più giù, a Bussoleno, isolando un’intera borgata.

I tanti disastri recenti

Oppure, qualche mese prima, la piena dell’Orco che fece esplodere la cascata sopra l’abitato di Noasca. O i fiumi di fango l’estate prima a Bardonecchia, con danni visibili ancora oggi, o ancora più indietro, la tempesta Alex che piegò Valle Vermenagna e Valle Roya. Ma il “ciclo” dei disastri dall’inizio del millennio si è fatto sempre più ravvicinato, con territori come il cebano, per esempio, dove il “tempo di ritorno” (nel gergo dei geologi l’arco di tempo in cui un fenomeno estremo avviene su uno stesso territorio) è di pochi anni. 

Bastano poche ora per mettere in ginocchio territori che si dimostrano fragili. Di certo oggi, rispetto a 30 anni fa, c’è più consapevolezza dei rischi e il numero delle vittime si è drasticamente limitato, ma non i danni. 

"Il 1994 ci colse di sorpresa"

"Il 94 ci colse impreparati - spiega Fabio Luino ricercatore del Cnr Irpi di Torino - Quando arrivò l'evento ricordo che non ci fu la possibilità di avvertire da Ceva ad Alba che stava arrivando l'onda di piena e ci furono molti morti. L'allerta fu lanciata con fax, l'unico mezzo a disposizione in quell'epoca, solamente alle 6 del mattino, quando non c'era nessuno negli uffici per leggerli. Da questo punto di vista è stato fatto tantissimo".

"Gli eventi estremi sono sempre avvenuti e sempre avverranno - prosegue Luino - Il rischio c'è sempre, ma tanto è stato fatto sul discorso delle vittime. Allora furono 69, poi 35 nel 2000, oggi, negli ultimi episodi, siamo vicini allo zero. Resta aperto il discorso dei danni. Non è possibile costruire abitazioni sensibili vicino alle sponde di territori a rischio esondazione. Occorre delocalizzare in zone dove il rischio non esiste".

L'effetto dei cambiamenti climatici

"I cambiamenti climatici - conclude Luino - sono evidenti. Ci sono precipitazioni, più brevi ma intense. Un tempo le alluvioni avvenivano dopo tre quattro giorni di pioggia, oggi bastano poche ore. Il negazionismo è da bandire”.

"Il clima è cambiato - è la tesi espressa da Marco Amanti direttore del dipartimento per il servizio geologico di Ispra,  sui luoghi dell'esondazione 30 anni fa - c'è sempre più la possibilità di avere piogge improvvise e concentrate. La struttura del territorio non è preparato a supportarle correttamente. L'uomo ha invaso tantissime aree. Bisogna essere preparati e adottare comportamenti sicuri per se stessi. Trent'anni fa venivamo da Roma verso le Langhe. Ricordo un muro di nebbia che limitava la nostra visibilità e non ci permetteva di fare il nostro lavoro".

I dati diffusi da Arpa

A dimostrare l’andamento schizofrenico del clima che va cambiando ci sono i dati di Arpa che già parlano dell’anno più piovoso da quando si raccolgono i dati pluviometrici, a metà del Novecento. Finora, e l’anno deve ancora chiudersi, sono scesi 1.500 millimetri di acqua: la media dell’ultimo decennio oscilla tra gli 800 e i 900 millimetri annui. Questo a due anni dal 2022, quando il Piemonte registro i dati sulla mancanza idrica peggiori di sempre. 

Un’altra Valencia potrebbe capitare anche in Italia, come conferma il direttore generale dell’Arpa Secondo Barbero: “Qui il sistema di preannuncio, così come quello di Protezione Civile, è tra i più efficaci. Oggi una situazione come quella avvenuta nel ’94 non sarebbe possibile”.

Daniele Caponnetto

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