Cronaca - 24 agosto 2024, 15:39

Lutto a Piozzo per la scomparsa di Cesare Salvatore Vietti, sopravvissuto all'incendio nazista del 1944

Ex dirigente di banca e già presidente della pro loco, era un neonato quando riuscì a salvarsi insieme alla sua famiglia

Cesare Salvatore Vietti

Cesare Salvatore Vietti

Era solo un neonato quando, il 5 luglio del 1944, i nazisti misero a ferro e fuoco il comune di Piozzo. 

Si è spento all'età di 80 anni, Cesare Salvatore Vietti. Ex dirigente di banca, già presidente della Pro loco, in paese era molto conosciuto e negli ultimi anni è sempre stato presente in occasioni ed eventi pubblici per portare la testimonianza dell'incendio del paese, attraverso i racconti della sua famiglia.

"Ero un neonato di poche ore quando i tedeschi incendiarono Piozzo, l'archivio comunale e tantissime case. Venne risparmiata via Priola, siamo stati fortunati, siamo dei sopravvissuti" - aveva raccontato in più manifestazioni, l'ultima delle quali lo scorso luglio, al termine della passeggiata "Sul sentiero della memoria (leggi qui), occasione in cui aveva consegnato al Comune un prezioso manoscritto, il "Diario di una giornata di fuoco. Un ricordo per chi vive nella mia epoca e a tutti i piozzesi futuri". 

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Cesare Salvatore Vietti lascia la moglie Anna Maria Lamberti, la figlia Erika con il marito Luigi e i figli Giulio e Martina; il nipote Edoardo con Stefano e Paola e i parenti tutti. 

I funerali si svolgeranno lunedì 26 agosto alle 10.30 nella parrocchia di Santo Stefano a Piozzo dove, domani, domenica 25 agosto, si terrà la veglia di preghiera alle 20.30

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LA TESTIMONIANZA del 5 luglio 1944

"Era luglio, il tempo in cui si trebbiava il grano; verso mezzogiorno, arrivarono a Piozzo i Tedeschi. La gente si era rifugiata nei boschi, solo mio padre tardava nel cortile per scaricare dal carro i covoni di grano e far posto a me e a mia madre per andarsene.

Li i Tedeschi lo sorpresero e credendolo uno sciacallo, lo caricarono su un autoblindo dove già c'erano il tenente Pietro Bellino, un partigiano catturato a Boves ed un morto. Nel breve tragitto, mentre venivano trasportati in piazza, il partigiano che sapeva di venir fucilato, chiese da quale parte poteva tentare la fuga. "La Rocca", che allora arrivava fin verso il centro della piazza, "é l'unica salvezza" spiegò mio padre.

Ma il suo tentativo di fuga verso la libertà risulterà vano: Bellino fu ucciso da un colpo di mitraglia mentre, in fondo alla rocca, scavalcava la rete di un orto. Mio padre fu messo davanti al muro del Municipio. Non riuscendo a capire di quale colpa fosse accusato, tentava di far vedere i calli delle sue mani, segno della fatica contadina. Grazie ad un traduttore riuscì a far capire che era un onesto lavoratore che non si era potuto allontanare come gli altri piozzesi per la nascita di un figlio.


I tedeschi, non sapendo se credere o no al suo racconto, decisero di andare a verificare di persona: si recarono in via Priola, a casa Vietti, entrarono in camera da letto, mi trovarono, mi tirarono su dalla culla e, quando videro che ero un maschio esclamarono: 'Servirà per le guerre future!'. Mio padre venne liberato con la raccomandazione di non allontanarsi perchè lì di certo non sarebbe successo nulla. Il concentrico di Pozzo bruciò quasi tutto, venne risparmiata via Priola, dove c'era casa mia, ma il fumo, l'odore acre della cenere rendevano irrespirabile l'aria e mio padre, nonostante l'ammonimento, decise di raggiungere i boschi della Vernera, vicino a San Grato. Nei giorni successivi, anche se Piozzo era in gran parte distrutto, la vita continuava e compito di mio padre fu quello di denunciare, in un Municipio dove al posto dei documenti e delle carte c'era solo cenere, la mia nascita. I vicini di casa e gli abitanti di via Priola seguirono mio padre intenzionato a chiamarmi Cesare fino in Municipio e insistettero per darmi un nome che fosse anche un ringraziamento: Salvatore. Ecco perchè mi chiamo Salvatore Cesare".

Arianna Pronestì

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