Cronaca - 15 agosto 2024, 18:06

"Non imputabile ma socialmente pericoloso": Sasha Chang da aprile è in una struttura a Bra

Il 21enne che nell'agosto scorso uccise il padre e l'amico che li ospitava a Montaldo Mondovì, è attualmente ristretto presso la Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza. Il giudice, nel marzo scorso, aveva dichiarato il non luogo a procedere perché non imputabile. Ma è un soggetto pericoloso e pertanto non in stato di libertà

Sacha Chang

Sacha Chang

E' passato un anno da quel 16 agosto che sconvolse la comunità di Montaldo Mondovì e l'intera provincia. Sacha Chang, olandese, uccise il padre e l'amico di famiglia che li ospitava scappando poi nei boschi della zona e costringendo centinaia di forze dell'ordine ad una vera e propria "caccia all'uomo" durata quasi due giorni.

Il giovane, da aprile, è ospite presso la REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) di Bra, dove rimarrà finché verrà dichiarato non più “socialmente pericoloso”. Dopo l’arresto, era stato inizialmente ricoverato alcuni giorni all’ospedale Regina Montis Regalis e poi trasferito in carcere in custodia cautelare.

In seguito alla disapplicazione della misura, ottenuta a seguito della perizia psichiatrica che aveva inquadrato il ragazzo come “soggetto incapace di intendere e volere”, e il trasferimento dalle Vallette di Torino, Sacha non è comunque in stato di libertà.

Il 21enne continuerà, infatti, ad essere ricoverato in residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza, una struttura sanitaria adibita a chi, come lui, autore di reati, è stato ritenuto socialmente pericoloso e al tempo stesso non imputabile. A marzo il gip aveva disposto la sua scarcerazione dichiarandolo “incapace di intendere e volere”.

Una ricerca, quella della REMS che l’ha accolto, che si era protratta per più di un mese e che non è stata affatto semplice: non solo per i posti limitati e le lunghe liste di attesa, ma anche perché su tutto il territorio italiano sono pochissime le strutture presenti pronte ad accogliere soggetti autori di reato ma anche tossicodipendenti, alcolisti o affetti da patologie psichiatriche.

Come è preoccupante la questione carceri italiane, anche le REMS stazionano in una zona grigia, la cui realtà effettiva è molto difficile da fare emergere. L’ultima relazione al Parlamento del 2024, depositata qualche giorno fa e redatta dal Garante Nazionale del diritto delle persone private della libertà personale, aveva presentato numeri preoccupanti anche per quanto riguarda il sovraffollamento. La chiusura degli OPG (ospedale psichiatrico giudiziario) e l’accrescimento dell’applicazione delle misure di sicurezza provvisorie, hanno causato inevitabilmente un sovraffollamento delle REMS e una lista d’attesa per potervi accedere tutt’altro che scorrevole.

In Italia si contano 31 residenze per un totale di 705 posti, di cui 623 sono occupati con una lista di attesa di 700 persone. Sono 2 le REMS presenti in Piemonte, una a Bra che conta 20 posti letto e un’altra a San Maurizio Canavese, in provincia di Torino, che può accogliere altri 20 ospiti. Entrambe le strutture risultano piene.

Sono numerosi i ricorsi al vaglio della Corte Europe per i Diritti dell'Uomo presentati da soggetti le cui esigenze non sono compatibili con il regime carcerario. Una delle ultime pronunce della Corte risale al marzo scorso. Una donna, dichiarata non imputabile perché affetta da patologie psichiatriche e sottoposta a custodia cautelare al carcere di Rebibbia, ha atteso per quasi un anno la collocazione presso una REMS precedentemente accordatale dal magistrato.  

La Corte Edu, con la sua pronuncia, aveva infatti ordinato al Governo italiano (più volte sanzionato anche per il sovraffollamento carcerario) con un provvedimento cautelare l'immediato trasferimento della detenuta in una struttura più idonea per far fronte alle sue esigenze.

Ad essere intervenuta sul tema è stata anche la Corte Costituzionale italiana con un monito al legislatore italiano di attuare una tempestiva riforma dell’ordinamento penitenziario.

Quanto al rimpatrio di Sacha, al momento il ritorno in Olanda è una meta lontana, anche se il legale Luca Borsarelli ha fatto sapere che ci si sta lavorando. Lo sarà quando, una volta definito il processo, i Paesi Bassi chiederanno la sua estradizione che, nel caso specifico, è definita “passiva” perché è l’Italia a ricevere la richiesta da uno Stato estero. A quel punto, la decisione finale spetterà al Ministro della giustizia italiano a seguito della deliberazione favorevole della Corte d’Appello di Torino.

CharB.

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