Dopo una lunga pausa in Italia, tra Borgo San Dalmazzo e Torino, padre Massimo Miraglio, è tornato ad Haiti, dove opera come missionario da quasi venti anni.
Complicato il viaggio di rientro, posticipato a lungo per la grave situazione di violenza in cui è sprofondato il paese con l'avvento di bande armate che tengono sotto scacco la capitale Port-au-Prince e le principali vie di comunicazione. E, come se non bastasse per un paese dove la povertà è una piaga diffusa così come l'instabilità politica, si è aggiunto il passaggio dell’uragano Beryl che sta devastando i Caraibi.
Il sacerdote camilliano di 57 anni, originario di Borgo San Dalmazzo, ha trovato un'accoglienza meravigliosa, ma una situazione grave nella piccola località di montagna di Pourcine dove è parroco dal 2022. Come ha raccontato all'agenzia Fides, organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie: “Purtroppo la zona della parrocchia di Nostra Signora del Soccorso è quella più danneggiata della costa sud dell’isola di Haiti in quanto si trova tra due finestre di vento. In particolare sono andate distrutte le coltivazioni, alberi da frutta, banani, mais, arrecando gravi danni per la già precaria sicurezza alimentare ed economica della gente. Le piantagioni di fagioli, l’alimento di base della popolazione, sono state duramente colpite soprattutto dove erano già stati piantati”.
Non ci sono case da distruggere ad Haiti, paese già martoriato dal terribile terremoto di magnitudo 7 del 2010, poi l'uragano Matthew nell'ottobre 2016, e ancora il terremoto nel 2021. Catastrofi che avevano buttato a terra quel poco che era rimasto in piedi: “Ne consegue, in realtà, che la gente vive in rifugi, piccole casette fatte in modo artigianale, con del materiale molto povero – aggiunge padre Miraglio -. La maggior parte sono coperte da lamiere e hanno resistito all’impatto. Quelle più seriamente danneggiate sono quelle delle famiglie più povere che non hanno nessun tipo di copertura. Sono andate distrutte anche le lamiere della scuola nazionale”.
Il problema più grosso rimane quello di non avere un posto dove andare eventualmente a rifugiarsi: “Se dovessero passare altri uragani e dovessero colpirci più duramente di questo, soprattutto di notte, sarebbe molto difficile mettersi in salvo perché non c’è un punto di raccolta e riparo per la gente. Ed è questo uno dei punti sui quali ci stiamo concentrando. Sicuramente non ce la faremo per quest’anno ma entro il prossimo anno vogliamo provare a vedere come poter fare una piccola costruzione adatta ad accogliere la popolazione. In caso di uragani veramente forti ci sarebbe l’alto rischio di gravi perdite di vite umane, tra alberi che cadono, lamiere che volano dappertutto, in mezzo al fango e ad un terreno molto accidentato diventa molto difficile salvarsi”.
“Inoltre – conclude il Camilliano - tra le priorità c’è anche quella di costruire una chiesa che diventerebbe sala comunitaria, di incontri e soprattutto luogo di rifugio in casi di disastri ambientali. Purtroppo la località di Pourcine si trova in un posto molto favorevole al passaggio degli uragani”.