Emergenza casa in Piemonte.
Per le sigle sindacali Sunia Cgil, Sicet Cisl e Uniat della Uil, la modifica alla legge regionale sull'edilizia sociale è discriminatoria. Non è mancato, questa mattina, in conferenza stampa, alla presenza dei segretari Davide Masera, Giovanni Baratta e Domenico Paoli, un attacco frontale all'assessora competente in Regione Chiara Caucino, che non avrebbe mai accolto le richieste fatte in questi anni.
In un contesto di povertà crescente, quello dell'edilizia sociale è un tema da affrontare con urgenza. Sono solo 53 mila le abitazioni in Piemonte; 5 mila non sono sul mercato, in quanto non agibili per mancanza di manutenzione. 3.500 gli alloggi disponibili, sulla carta, nella provincia di Cuneo. Ma non si sa, nei fatti, quanti siano realmente assegnati. "E' difficilissimo accedere ai dati di ATC", spiegano i sindacati.
Poca o nulla la manutenzione: "Servono soldi e nuove case di edilizia popolare. Si facciano meno sagre e si costruiscano nuovi alloggi ristrutturando quelli esistenti. La povertà è in crescita. Ci sono persone fragili a cui va data una soluzione abitativa. Con questa legge e con le politiche della Regione, i problemi vengono scaricati sui Comuni e sui Consorzi", dicono i tre sindacalisti.
Qui l'intervento di Davide Masera ai nostri microfoni
Che cosa prevede, in sintesi, la legge modificata? Che per accedere all'edilizia pubblica, oltre ad essere residenti da almeno cinque anni, per i non appartenenti alla comunità europea sarà necessario dimostrare di avere un lavoro regolare. Un modo per dire "prima i piemontesi", che però esclude madri con figli in carico ai servizi sociali e pensionati.
Punteggi premiali in base agli anni di residenza. Non si distingue tra morosi "colpevoli" o "incolpevoli". Non aumenta la dotazione del fondo sociale proprio per morosità incolpevole e non si allarga la platea degli aventi diritto. Si aumenta il numero di alloggi a disposizione delle forze dell'ordine.
Tra le richieste del sindacato, quella di eliminare la possibilità di vendere gli alloggi di edilizia popolare, già in numero del tutto insufficiente; di abbassare dai 5 ai 2 gli anni di residenza per poter fare domanda; di prevedere uno stanziamento certo annuale per aumentare gradualmente il numero degli alloggi disponibili; eliminare il punteggio premiale e di utilizzare l'ISEE per collocare gli assegnatari nelle fasce di reddito e per il calcolo del canone dovuto. Si chiedeva anche di introdurre l'obbligo di convocare annualmente l'assemblea, con la partecipazione e il voto degli inquilini sulle questioni di propria competenza.
"Queste nostre proposte avrebbero consentito un salto di qualità delle politiche per la casa pubblica in Piemonte, risolvendo il parte la grave emergenza abitativa, che continua a peggiorare. L'attuale maggioranza della Regione Piemonte ha deciso diversamente e non possiamo che esprimere con forza la nostra contrarietà", concludono.