Una specie protetta a livello europeo. Parliamo del lupo, fino agli anni Settanta a rischio estinzione. Sparito dall'arco alpino, resisteva nella zona dell'Appennino.
Le cose sono decisamente cambiate, anche se non in modo indolore. Perché se da un lato c'è il lupo, dall'altro ci sono gli allevatori, ci sono le mandrie e le greggi. Un continuo braccio di ferro.
A mediare la Regione Piemonte, che indennizza chiunque abbia un codice aziendale autorizzato dall'Asl e abbia subito danni da lupo. Non importa che accada in quota, in pianura o in fascia pedemontana, perché i lupi sono ovunque. La Regione consente a chiunque ne abbia diritto di accedere ai bandi e di ottenere i rimborsi. Previo sopralluogo dell'Asl stessa e relativo verbale di accertamento.
Le predazioni e i danni vanno denunciati, anche nei weekend, chiamando il 112. "Se un atto predatorio avviene il venerdì e veniamo chiamati il lunedì, è difficile se non impossibile certificare che si tratti di aggressione da lupo. E, di conseguenza, non si riesce ad accedere ai rimborsi", spiega Andrea Avagnina, veterinario referente per la fauna selvatica e per le predazioni dell'Asl CN1.
Ma quanti sono i lupi? L'ultimo monitoraggio, che risale al 2020/2021, certificava la presenza di 946 lupi su tutto l'arco alpino. Erano 3300 in tutta Italia. Nel prossimo inverno ci sarà un nuovo monitoraggio. I lupi saranno di più?
"Non è detto - evidenzia ancora Avagnina. Anzi, c'è un sostanziale equilibrio nel tempo, collegato alla presenza di selvaggina. La natura è intelligente, i lupi non crescono in modo esponenziale. Ogni branco ha il suo territorio e, in caso di aumento del numero, sono essi stessi a disperdersi. Ogni gruppo si muove su un'area di circa 150 km quadrati. Fino a qualche anno fa quest'area era di 250 chilometri, ora si è ridotta proprio perché ci sono più branchi, ma aumenterà nuovamente".
Le Alpi contano quindi 946 lupi. In quelle cuneesi le unità riproduttive sono 35, quindi 35 femmine e altrettanti maschi in età riproduttiva, di cui 33 in branchi. Oltre a due nuove coppie, pronte a creare il proprio branco.
Tanti, come sono tanti anche gli episodi di predazione che avvengono nelle nostre vallate. Da due anni, all'interno del Progetto LIFE WolfAlps, diventato il punto di riferimento di ogni questione riguardante il lupo sulle Alpi Italiane e Slovene, è nato un ulteriore progetto, il WPIU, dall’acronimo inglese Wolf Prevention Intervention Units.
In parole più semplici, sono squadre di supporto alla prevenzione delle predazioni da lupo.
Il loro scopo è quello di provare a mitigare il contrasto tra grandi carnivori e esseri umani, cercando di dare a questi ultimi gli strumenti per ridurre - azzerarli è impossibile - i rischi di predazione. In definitiva, sono chiamati a favorire la coesistenza tra i lupi, specie protetta, e le attività legate alla zootecnia.
"Lavoriamo a stretto contatto con gli allevatori e i pastori cercando di dare loro gli strumenti di autodifesa adatti a rendere almeno difficili le aggressioni da parte dei lupi. Ricordo che i grandi carnivori si nutrono di selvaggina, presente in abbondanza sulle nostre montagne. Ma se metto loro davanti un hamburger, si mangiano quello. Ci sono sistemi di difesa efficaci e altri che lo sono molto meno. Faccio un esempio? Un recinto quadrato è meno adatto di un recinto tondo. Gli ovini, per esempio, se si sentono minacciati o hanno paura, tendono ad avvicinarsi e a chiudersi proprio negli angoli. Ed è quello il punto che li espone maggiormente agli attacchi e alle predazioni", spiega Avagnina.
Le squadre WPIU sono in totale 42, di cui 28 in Italia, due in Francia, sette in Slovenia e cinque in Austria. Di queste 28, ben 16 sono in Piemonte. Il che basterebbe a dare la misura del fenomeno nella nostra regione. Cinque operano in provincia di Cuneo.
Sono formate da personale dei Servizi Veterinari SSN, militari dell’arma dei Carabinieri Forestali, agenti di Polizia provinciale e personale dei parchi, e intervengono per affiancare gli allevatori professionisti e amatoriali nella prevenzione degli attacchi, precisamente nel reperimento e messa in opera di sistemi di prevenzione, nell’assistenza all’accesso alle misure di indennizzo e supporto alla prevenzione, e nel corretto impiego dei cani da guardiania.
"Il nostro lavoro è molto apprezzato - continua Avagnina. Spesso negli interventi ci rendiamo conto che sono stati commessi errori che hanno reso facile la predazione. Reti troppo basse, elettrificazione che scarica a terra. Il lupo normalmente mangia i caprioli, ma l'allevatore deve rendergli la vita difficile, sennò è molto più comodo attaccare una o più pecore. Per esempio, esistono dei sensori che, se avvertono la presenza del lupo, emettono dei suoni, come la voce del pastore o l'abbaiare dei cani. L'ideale, poi, è la doppia o tripla recinzione. Noi spesso forniamo anche le reti, se necessario. E diamo supporto in tutte le fasi di strutturazione dei sistemi di difesa. Una strategia adottata dagli allevatori, tra le altre, è quella di far nascere i vitellini in inverno, così andranno in alpeggio già grandi e strutturati e quindi in grado di difendersi da un lupo che, lo sottolineo, pesa al massimo 35 chili".
Quello del lupo è un problema che non si può e non si deve ignorare. E' ormai evidente a tutti. Le WPIU sono nate proprio dalla consapevolezza di ciò. "Il lupo ha il diritto di esistere e gli allevatori di essere tutelati. Noi abbiamo il compito di mediare tra questi due diritti".