Attualità - 30 luglio 2023, 14:05

Storia di un salvataggio in quota: l'emozione di un abbraccio sospeso, 47 anni dopo

Lo scorso 14 luglio, ad Altare, il ricordo dell'impegnativo soccorso del Soccorso Alpino di Cuneo - datato 1977 - a tre alpinisti liguri bloccati da una violenta bufera sulla parete del Corno Stella nel Gruppo dell’Argentera, ad oltre 3000 metri

Da sinistra, il Brigadiere Luigi Carletto, Luca Ciarlo, Sergio Costagli, Jean Gounand e l’allora responsabile del Soccorso alpino Gianni Bernardi, che coordinò il complesso recupero dei tre alpinisti

Da sinistra, il Brigadiere Luigi Carletto, Luca Ciarlo, Sergio Costagli, Jean Gounand e l’allora responsabile del Soccorso alpino Gianni Bernardi, che coordinò il complesso recupero dei tre alpinisti

L’alpinista Fulvio Scotto, accademico del Club Alpino Italiano, lo scorso 14 luglio, ad Altare (provincia di Savona), ha ricordato - nell'evento organizzato con il patrocinio di Regione Liguria, Assessorato al Tempo Libero e del CAI di Altare - un episodio di soccorso che ha visto protagonisti sulla parete del Corno Stella, il 17 e 18 settembre del 1977, tre scalatori altaresi sorpresi in parete da una violenta bufera di neve e la squadra del Soccorso Alpino di Cuneo, con la partecipazione del forte alpinista nizzardo Jean Gounand.

 

Quattro protagonisti di quel complesso salvataggio, Gianni Bernardi allora responsabile del Soccorso alpino, Luigi Carletto del Soccorso Alpino Guardia di Finanza, Stazione di Limone Piemonte, Sergio Costagli volontario del Soccorso alpino e Gounand, dopo quarantasette anni, hanno abbracciato uno dei tre alpinisti bloccati in parete. In diretta telefonica dal rif. Livio Bianco, l’altro soccorritore, Livio Bertaina.

Questa la cronaca del salvataggio.

 

 

Quarantasette anni fa, 17 settembre 1977 è un sabato. Livio Bertaina, quel fine settimana, è di servizio radio al Rifugio Bozano come volontario del Soccorso Alpino Cuneese. Livio si incammina, nella mattinata di fine estate su per il sentiero che si inerpica dal Giàs delle Mosche.

Il tempo non è dei migliori e diviene via via più incerto, con densi nuvoloni che vanno avvicinandosi da occidente, mentre folate di nebbia si vanno addensando verso le pendici dell’Argentera. Tutto viene inghiottito dal grigiore, al punto che Livio riesce a scorgere il rifugio solo quando arriva a pochi metri di distanza. Su in alto, nascosti tra le nebbie, sente il martellare sui chiodi di una cordata che, intuisce, è ormai prossima a uscire alla sommità del Corno Stella.

Livio spinge la porta ed entra nel rifugio, trova dei ragazzi, una ragazza: “Si, sono miei amici, ragazzi in gamba, stanno facendo la via De Cessole”. In un angolo, al tavolo, un’altra coppia di alpinisti, riservati. Livio riconosce in uno dei due il forte nizzardo Jean Gounand, un saluto, le presentazioni, quattro chiacchiere. Allora, tra alpinisti, gli incontri nei rifugi accendevano subito la cordialità e un complice cameratismo.

Intanto si fa pomeriggio e nel frattempo, oltre la nebbia, è arrivato il vento, e il vento ha portato, da ovest, la neve. Tutti escono fuori a guardare e subito percepiscono accorati richiami e grida di aiuto. Scorgerli è impossibile e intanto si sta scatenando una vera bufera, vento, neve e nella sera ormai incipiente, la visibilità è sempre più scarsa. La decisione è subito presa: Livio e Jeannot, così gli amici chiamano Jean Gounand, salgono fino alla base della parete, e qui pur senza visibilità riescono a capire l’accaduto.

I ragazzi hanno sbagliato la linea di calata a corde doppie, indispensabili per scendere lungo lo Spigolo Inferiore come si faceva all’epoca. Uno dei tre è bloccato sulle corde, sospeso nel vuoto degli strapiombi, più o meno dove passa la via Cavalieri Sud. E’ rimasto incrodato lì, appeso alla corda senza più poter scendere e senza poter risalire. A quel punto Livio con la radio in dotazione lancia l’allarme in valle. Dopo un po’ di tentativi riesce a mettersi in contatto con Terme di Valdieri dove c’è Andrea Ghigo, il nipote del vecchio “Lup”, e lui per telefono allerta Gianni Bernardi, il Delegato responsabile del Soccorso Alpino a Cuneo, e la macchina dei soccorsi si mette in movimento. Devono far presto, una notte in quella situazione può essere fatale ai tre.

Sotto al Corno Stella, a quel punto Jean Gounand e Livio, nonostante l’impulsivo proponimento di salire verso i ragazzi per portare un primo aiuto, si rendono conto che, in piena bufera di neve, con la notte ormai sopraggiunta e lo scarso materiale a disposizione rischierebbero inutilmente la vita essi stessi. Non resta loro che incoraggiare i ragazzi a resistere, che i soccorsi sono in arrivo, e così continueranno nelle ore successive della notte, mantenendo il contatto vocale e i consigli di incoraggiamento ai tre in parete.

Intorno alla mezzanotte i volontari del Soccorso Alpino di Cuneo arrivano al rifugio, Gianni Bernardi è tra i primi, sono ventiquattro persone e con loro ci sono anche cinque soccorritori del S.A.G.F. (Soccorso Alpino della Guardia di Finanza), squadra di Limone Piemonte, compreso il loro comandante Luigi Carletto. Fanno il punto della situazione, si confrontano tra loro e iniziano a programmare l’intervento dell’indomani, mentre fuori continua la bufera. Partiranno prima dell’alba per poter già attaccare le rocce della parete con le prime luci. Intanto, disperse tra le folate del vento, continuano le urla, i richiami dall’alto, gli incoraggiamenti da sotto: tenete duro! Stiamo arrivando! I ragazzi devono rimanere vigili.

Ai primi albori le cordate si mettono in movimento. Davanti Jean Gounand, lo scalatore più forte, che mette a disposizione le sue capacità arrampicatorie per guidarli più velocemente su per la parete e collaborare in modo determinante con i soccorritori per la tempestività dell’intervento. Con lui si lega Livio Bertaina e dietro di loro come cordata di rincalzo, li seguono Gianni Bernardi e Gigi Serra. Il resto della squadra, coordinata da Gino Perotti, si ferma sulle cenge della porzione inferiore di parete, ove devono attrezzare la lunga traversata e l’ultimo tratto inferiore verticale, per quando i ragazzi recuperati giungeranno in quel punto ove tutto è imballato di neve, l’erba gelata e scivolosa e le rocce bagnate e verglassate.

“Jeannot andava come un treno – dice Livio – e facevo fatica a filargli le corde!”. Le rocce sono implaccate da trenta centimetri di neve fresca e incrostate di ghiaccio. Bisogna ripulire gli appigli prima di poterli tenere con le dita ghiacciate dal freddo, nell’ombra cupa della parete. Siamo solo a settembre ma è una vera scalata invernale. Per fortuna il tempo va migliorando e man mano ha smesso di nevicare…

Jeannot, Livio, Gianni e Gigi su per lo spigolo arrivano all’altezza del ragazzo appeso nel vuoto dello strapiombo. Ora possono vederlo nitidamente, parecchi metri più in là, alla loro destra, ma non possono raggiungerlo direttamente traversando in parete. È in maniche di camicia appeso nel vuoto… Devono salire oltre e portarsi sopra di lui per poter avviare l’intervento di recupero. Alla fine arrivano all’ancoraggio a cui è appeso Luca, il ragazzo incrodato. E’ uno dei punti di sosta intermedi per le calate, attrezzati a chiodi e cordoni sullo spigolo, circa quaranta metri sotto la vetta inferiore del Corno. Lì vicino ci sono i suoi due compagni, Renato e Marcello, rannicchiati sulle rocce. Uno è vicino all’ancoraggio. L’altro è qualche metro più in basso, forse era sceso per vedere di scorgere o eventualmente tentar di aiutare l’amico Luca appeso nel vuoto sotto di loro, ma poi non era più riuscito a risalire alla sosta. Gigi inizia a prendersi cura di loro. Qui giunti, Gounand, cede il passo ai cuneesi, tecnici esperti di soccorso. Jeannot è un alpinista molto forte, l’alpinista più forte e più esperto tra i presenti quel giorno sul Corno Stella, ma non ha esperienza e conoscenze di tecniche da soccorritore.

Il comando dell’operazione passa a Gianni Bernardi opportunamente coadiuvato da Livio Bertaina. Gianni già da anni, dopo un primo corso per tecnici di soccorso nel ’69 al Bernina, ha appreso le moderne tecniche di intervento, carrucole, calate, manovre varie. Ormai anche a Cuneo il soccorso alpino non è più quello dei tempi “eroici” dei recuperi a forza di braccia e dei trasporti a spalla com’era negli anni precedenti, ai tempi di Matteo Campia che nel ’54 aveva creato insieme ai suoi amici le prime squadre di volontari. Gianni e Livio, con l’aiuto di Jeannot attrezzano a chiodi una nuova sosta, più sicura di quella in cui passano le corde di Luca. Non riescono però a vederlo né a comunicare con lui perché resta nascosto alla loro vista, una ventina di metri più in basso, penzolante nel vuoto sotto lo strapiombo. Per non lasciar nulla di intentato, provano dapprima a sollevare l’infortunato verso l’alto, chissà che lui da sotto non riesca a collaborare in qualche modo, scaricando un po’ le corde… ma rinunciano subito, impensabile. Per contro i soccorritori non possono calarsi verso l’infortunato, perché finirebbero anche loro per ritrovarsi appesi a roteare nel vuoto… Gianni allora imposta una manovra e con un gioco di carrucole e nodi prusik, riesce a scaricare il peso di Luca dalle corde a cui è appeso. Con l’aiuto di Livio effettua varie giunzioni di corde supplementari che hanno portato su, e poco alla volta riescono a calare con il freno-moschettone Luca verso il basso, giù fino alle cenge erbose ricoperte di neve. Finalmente, via radio, riceve dai colleghi di sotto la comunicazione che l’infortunato è arrivato fino a loro.

A Gianni, Livio, Jeannot e Gigi, non resta ora che calare, lentamente lungo la linea corretta di discesa gli altri due ragazzi, Renato e Marcello, e insieme a loro raggiungere anch’essi a corde doppie le cenge sottostanti. Qui il resto della squadra prende in consegna dapprima Luca e quindi i suoi due compagni di avventura. Li incoraggiano, una bevanda calda, le prime cure mediche, e poi li fanno delicatamente traversare sulle ripide cenge innevate, per calarli infine lungo il restante breve tratto di parete. E adesso giù per la ripida pietraia, li portano al Rifugio Bozano. Nel piccolo, ma ospitale e a questo punto affollato ricovero, cercano di scuoterli, massaggiarli, riscaldarli avvolti nelle coperte. Ormai sono sorrisi, pacche scherzose, congratulazioni, ringraziamenti, e poi giù per il sentiero imbrattato dalla neve sino a fondovalle.

Resterà per tutti, soprattutto per i tre giovani, il ricordo di quella brutta avventura, dall’esito, fortunatamente, positivo grazie a tutti i soccorritori intervenuti. Un’avventura che sarà bello ricordare, a distanza di tanti anni, ritrovandosi a sorridere insieme, uniti in un abbraccio.

All’operazione di soccorso presero parte, oltre a Jean Gounad, Livio Bertaina e Gigi Serra, i seguenti volontari del Soccorso Alpino di Cuneo: Gino Perotti, Sergio Costagli, Michele Gorzegno, Sergio Ghibaudo, Bruno Dematteis, Mario Dematteis, Andrea Ghigo, Bruno Frati, Attilo Bogi, Mario Bogi, Manfredo Aragno, Mario Molineris, Ivo Pancani, Pietro (Giachi) Cavallera, Renato Pasta, Tino Piacenza, Filippo Fulcheri, Franco Sorzana, Mario Morgantini, Vince Ravaschietto e cinque componenti della squadra di Limone Piemonte S.A.G.F. compreso il loro comandante Luigi Carletto.

 

 

C.S.

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