Sanità - 25 luglio 2023, 07:11

Dal 2019 più che raddoppiati i pazienti con disturbi alimentari in Piemonte. “In aiuto una rete di professionisti e 5 posti letto all’ospedale di Verduno”

Elisa Colombi, responsabile della Neuropsichiatria infantile dell’Asl Cn2 e Cloè Dalla Costa, direttore della struttura complessa di nutrizione clinica e disturbi del comportamento alimentare del nosocomio ci aiutano a capire come si può intervenire: “Ci vuole dialogo tra specialisti e un’alleanza anche con la scuola e le famiglie”

Cloè Dalla Costa, direttore della struttura complessa di Nutrizione clinica e Disturbi del comportamento alimentare dell’ospedale “Michele e Pietro Ferrero (Foto Barbara Guazzone)

Cloè Dalla Costa, direttore della struttura complessa di Nutrizione clinica e Disturbi del comportamento alimentare dell’ospedale “Michele e Pietro Ferrero (Foto Barbara Guazzone)

Dal 2019 al 2022 il numero di pazienti con disturbi alimentari trattati negli ambulatori piemontesi è passato da 342 a 725. Secondo i dati divulgati dall’assessore regionale alla Sanita Luigi Icardi ogni anno in Piemonte, al netto del cosiddetto sommerso, vengono diagnosticati circa 260 nuovi casi di anoressia e 450 di bulimia. Una situazione d’emergenza che ha portato all’attivazione della Rete dei servizi regionali per la prevenzione e la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, una capillare e integrata organizzazione per la cura ambulatoriale, ospedaliera e riabilitativa, con sei livelli di presa in carico e cura del paziente. All’Ospedale di Verduno, dal settembre 2022 sono stati inoltre attivati 5 posti letto dedicati esclusivamente ai disturbi del comportamento alimentare: ne parliamo con Elisa Colombi, responsabile della Neuropsichiatria infantile dell’Asl Cn2 e con Cloè Dalla Costa, direttore della struttura complessa di Nutrizione clinica e Disturbi del comportamento alimentare dell’ospedale “Michele e Pietro Ferrero”.

Negli ultimi anni ci siamo trovati di fronte a una situazione molto variegata e complessa – spiega la dottoressa Elisa Colombi – con pazienti sempre più giovani che manifestavano disturbi alimentari associati spesso ad altri sintomi come autolesionismo, ansia, isolamento sociale, depressione. Intervenire è diventato sempre più un lavoro di squadra che necessita di una rete di professionisti che dialoghino, una continua formazione dei clinici e un’alleanza anche con la scuola, le famiglie e ogni soggetto che ha un ruolo educativo nella vita degli adolescenti”. A complicare il contesto anche il fatto che si tratta di fenomeni fluidi che possono cambiare o modificare le proprie caratteristiche in un determinato momento storico. Aggiunge la dottoressa Cloè Dalla Costa: “Nei primi sei messi del 2023, per esempio, abbiamo assistito a un aumento dell’età dei pazienti con disturbi alimentari, sopra i 15 anni e anche over 19: si tratta di una tendenza ancora non del tutto documentabile, ma bisogna tenerne conto e sviluppare un adeguato percorso di cura”.

Nel percorso verso la guarigione giocano un ruolo cruciale aspetti esterni ed interni, come spiega la neuropsichiatra Colombi: “Bisogna sviluppare un intervento che integri l’aspetto psicologico con quello nutrizionistico e che cerchi un’alleanza con i genitori e con le persone più vicine ai pazienti, lavorando su un modello familiare inclusivo che accetti  le imperfezioni, le sofferenze, e le unicità di ognuno e che sappia dialogare anche con gli insegnanti o con gli allenatori, chiunque abbia una responsabilità educativa. Spesso i sintomi colpiscono ragazzine molto intelligenti, che fanno bene a scuola e che apparentemente non hanno problemi, anzi fanno di tutto per rispondere alle aspettative degli adulti”. Un altro aspetto molto importante secondo la dottoressa Dalla Costa è quello di considerare la guarigione come “un lungo percorso fatto di tappe, che a volte non si arresta, ma continua e ha momenti fondamentali di transizione, come il passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta, che deve essere adeguatamente monitorato”.

Per quanto riguarda l’iter di cura ci sono dei passaggi precisi per chi soffre di disturbi alimentari, come spiega il direttore della struttura complessa di nutrizione clinica: “La cosa importante è essere tempestivi: si effettua una valutazione clinica per verificare lo stato fisico del corpo anche con approfondimenti diagnostici. Poi entra in gioco il dietista che inizia a lavorare in maniera certosina, indagando sulle abitudini alimentari e proponendo strategie alimentari concretamente perseguibili che saranno valutate settimanalmente, puntando non solo sulla quantità del cibo, ma anche sulla distribuzione per evitare eccessi o abbuffate”.

Ai casi più gravi vengono riservati 5 posti letto dell’ospedale di Verduno, come spiegano le due specialiste: “Sono pazienti in cui ci sono criticità internistiche, che devono essere monitorati clinicamente o dal punto di vista psicologico, perché magari manifestano idee autolesive e non possono stare a casa”. Questi posti letto dedicati ai disturbi alimentari sono preziosi per il territorio visto che solo il Regina Margherita di Torino può offrire un servizio di questo tipo. “Stiamo lavorando molto per diventare uno spazio dedicato dove poter lavorare con risorse, un setting specialistico e una filiera di grande umanità e professionalità”, conclude la neuropsichiatria Colombi.

 

Daniele Vaira

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