Il massimo della pena, ergastolo per entrambi gli imputati. E’ la richiesta arrivata dal pubblico ministero Simona Macciò nei confronti di Nicholas Luppino, 38 anni, e di Daniele Savoia, 25, i due braidesi imputati al processo in corso in tribunale ad Asti per l’omicidio di Avenir Hysaj, il 34enne muratore di origini albanesi scomparso da Bra il 21 febbraio 2021 e ritrovato cadavere nei boschi di Pocapaglia quasi un mese dopo, il 19 marzo, freddato con tre colpi di pistola alla testa, uno dei quali in bocca.
Nella giornata di ieri, 23 maggio, la richiesta della pubblica accusa, che in circa due ore di requisitoria ha illustrato di fronte ai giudici popolari riuniti nella corte presieduta dal dottor Alberto Giannone le ragioni per le quali ritiene i due braidesi, dal giugno 2021 detenuti in carcere, l’uno Genova e il secondo ad Alessandria, responsabili di omicidio volontario e occultamento di cadavere.
Questo per essere loro stati, rispettivamente, il mandante e l’esecutore materiale di un delitto che per l’accusa sarebbe maturato in ambienti legati allo spaccio di stupefacenti e che si sarebbe consumato il giorno stesso della scomparsa di Hysaj, quando l’uomo, accompagnati i genitori presso un supermercato della zona, sarebbe poi stato inquadrato dalle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona di via XXIV Maggio a Bra, mentre si recava al Circolo Arcobaleno gestito da Luppino.
Era stato un testimone a riferire di aver visto il muratore impegnato a parlare con Savoia nel cortile del circolo, nella tarda mattinata di quella domenica, mentre l’accusa identifica in un magazzino abbandonato nelle vicinanze del locale – secondo quanto riferito dal pubblico ministero quell’edificio sarebbe stato in uso a Luppino per la presenza al suo interno di un cane, mobili e pneumatici di sua proprietà, circostanza questa negata dall'interessato – il luogo dell’esecuzione perpetrata per mano di Savoia.
In quell’edificio gli investigatori avevano trovato tracce ematiche della vittima, mentre la presenza di Savoia in quel luogo sarebbe provata dal profilo genetico estrapolato da alcuni mozziconi di sigaretta ritrovati sul posto e repertati.
Altre le prove che, sempre secondo l’accusa, comproverebbero invece il coinvolgimento di Luppino in qualità di mandante dell’omicidio. Tra queste il possesso in quei giorni della Porsche Macan di proprietà di un ristoratore di Cherasco – il gestore del circolo l’avrebbe avuta in uso come pegno di un prestito – e che per gli inquirenti sarebbe stata utilizzata per disfarsi del cadavere.
Il Gps installato a bordo dell’auto per motivi assicurativi ne avrebbe tracciato i movimenti prima presso il circolo, lì inquadrata anche da alcune telecamere di video-sorveglianza; quindi, nel pomeriggio di quella stessa domenica, presso un supermercato della zona e infine, alle 16.20 del pomeriggio successivo al delitto, nella zona boschiva dove il cadavere sarà poi rinvenuto. Qui gli inquirenti ritroveranno anche, abbandonato per terra, uno scontrino fiscale emesso dallo stesso supermercato e comprovante l’acquisto di detergenti, candeggina e altri prodotti per la pulizia, per l’accusa utilizzati per ripulire il luogo del delitto.
Tutte accuse che la difesa di Luppino, rappresentato dall’avvocato torinese Renato Cravero, ha sempre respinto fermamente, sostenendo la mancanza di concrete prove nei confronti del suo assistito. A scagionarlo anche il fatto che la stessa Porsche sarebbe stata da lui prestata a Savoia, richiestagli da quest’ultimo per portare il proprio cane dal veterinario: una circostanza che però, nella sua deposizione, Savoia ha fermamente escluso. In aula, difeso dall’avvocato di Biella Carla Montarolo, quest’ultimo aveva invece sostenuto che in quella notte aveva sì cercato più volte di contattare Luppino, ma perché i due erano d’accordo che il mattino successivo sarebbero andati insieme a Vercelli a trovare il papà di quest’ultimo. Non avendo però avuto risposta, nelle prime ore del mattino si sarebbe recato al circolo e lì avrebbe preso effettivamente in consegna l’automobile, ma per restituirla al legittimo proprietario.
"Abbiamo ritenuto del tutto convincente la ricostruzione dei fatti operata dal pubblico ministero", il commento dell’avvocato Marino Careglio, che insieme al collega Alessio Pergola rappresenta i genitori e la sorella della vittima, costituiti come parte civile. "Abbiamo chiesto alla Corte d’Assise – spiega – di prendere in considerazione la gravità del reato e le modalità particolarmente efferate dell’omicidio anche sotto il profilo risarcitorio, secondo l’orientamento più recente della Cassazione civile". La richiesta di risarcimento avanzata per conto dei congiunti del muratore ammonta a 1,5 milioni di euro.
Il processo riprenderà il 13 giugno prossimo con le arringhe delle difese.
- 24 maggio 2023, 10:37
Il pubblico ministero chiede l’ergastolo per i due braidesi accusati dell’omicidio di Hysaj
Il massimo della pena la richiesta dell’accusa per l’uccisione del 34enne muratore, freddato con tre colpi di pistola alla testa e ritrovato cadavere dopo quasi un mese nei boschi di Pocapaglia. Un delitto che sarebbe maturato in ambienti legati allo spaccio

Avenir Hysaj: per ritrovarlo dopo la scomparsa si era attivata anche la trasmissione Rai "Chi l'ha visto?