Attualità - 20 marzo 2023, 07:00

Sessant'anni fa la tragedia del Comet. Quando l'aereo del Re d'Arabia si schiantò in valle Gesso [VIDEO E FOTO]

Furono 18 le vittime. Per un caso del destino la storia del secondo sovrano saudita si intrecciò per un lungo periodo con quella dei valligiani cuneesi che vivevano ai piedi dell’Asta Sottana. Tra complotti, accuse e pettegolezzi che ancora oggi resistono

Tutte le foto sono state gentilmente concesse da Sergio Costagli e Gerardo Unia

Tutte le foto sono state gentilmente concesse da Sergio Costagli e Gerardo Unia

Sessant’anni esatti fa la provincia di Cuneo era sotto i riflettori delle cronache nazionali e non solo. Era la notte del 20 marzo 1963. Alle ore 3, 21 minuti e 50 secondi  si consumò sulle montagne della Valle Gesso la tragedia del Comet IV, l'aeromobile del Re d’Arabia Saudita, Ibn Aziz al Saud detto “Il magnifico”.

Per un caso del destino la storia del secondo sovrano saudita si intrecciò per un lungo periodo con quella dei valligiani cuneesi che vivevano ai piedi dell’Asta Sottana. 

Una storia fatta di presunti complotti, di accuse, di pettegolezzi. Di fake news diremmo oggi. 

Racconti che a distanza di anni non sono vissuti di buon grado da chi in alta valle Gesso ci abita e ha memoria di quel tragico incidente. Che vide, è bene ricordarlo, la morte di diciotto persone. Nove membri dell’equipaggio (inglesi e americani) e nove funzionari di stato (tutti arabi).

IL RE D’ARABIA IN VACANZA A NIZZA

Poco prima, era ancora il 19 marzo, il Re aveva raggiunto Nizza con le mogli e stava alloggiando presso l’Hotel Negresco.  

La notte del 20 marzo, l’aereo, un Comet 4-C della “De Havilland”, mezzo avveniristico per l'epoca, raggiunse Ginevra, recuperò i funzionari arabi e i bagagli del re e poco dopo le 2 partì nuovamente alla volta di Nizza. 

Il racconto di quel viaggio è ben spiegato dal testo “Ali Spezzate - Incidenti aerei sulle Alpi Occidentali” (Nerosubianco Editore) di Sergio Costagli e Gerardo Unia.

Un libro che racconta molti degli incidenti aerei avvenuti negli anni sulle nostre montagne. Nel video la prima parte del racconto degli autori di "Ali spezzate" di quel 20 marzo 1963. 

 

CRONACA DI UNA TRAGEDIA

Il volo si alzò e e seguì la rotta precedente, quando a bordo c’era il re. Entrò nell’aerovia “Apper Alpha 24”, l'autostrada del cielo che collega Ginevra con Nizza. Di fatto una linea retta tra le due città che sorvola i cieli francesi, senza mai ’scavallare’ i confini italiani.

Una tratta facile, lineare. Nulla che facesse presagire inconvenienti.

Così non fu.

Poco prima di raggiungere Nizza l’aereo anticipò di qualche minuto le operazioni di discesa. Contemporaneamente un fronte perturbato colpì il Comet facendolo scarocciare in valle Stura, per poi perdere quota in Valle Gesso. 

L’aereo del Re Saud con diciotto persone a bordo, impatta a 700km/h la punta “Bifida”, sulla catena delle Guide, a circa 2.800 metri di quota.

UNO SCHIANTO DEVASTANTE

Lo schianto è devastante. Le alte temperature a seguito dell’esplosione portano addirittura a vetrificare il granito sulla parete della montagna. I resti si disperdono in tre valloni. Le perizie parleranno di “disintegrazione immediata dei corpi”. Corpi di cui sarà difficile recuperare dei resti intatti.

ADREANI, IL PRIMO TESTIMONE

Il primo testimone, Alfredo Adreani, è custode dei cantieri Enel di Sant’Anna di Valdieri. Parlò, poche ore dopo, di un “cupo boato” e di un “bagliore accecante”. Le ricerche partirono nelle prime ore del mattino, quando già una coltre di neve stava seppellendo i resti e rendendo impossibile la visibilità, complicando fin da subito le operazioni di recupero.

ATTENTATO, UN'OSSESSIONE DEL RE 

Sui giornali che riportano la notizia dell’incidente in prima pagina del nazionale anche un trafiletto che pone l’interrogativo: “Una bomba nell’albergo di re Ibn Saud a Nizza?”. Quindici agenti nizzardi, infatti, erano giunti in quel 20 marzo al Negresco per perlustrare l’albergo di lusso, senza trovare nulla. 

Ad accrescere questa paranoia nel sovrano una testimonianza di un valligiano, poi rivelatasi fasulla, che sosteneva di aver visto il quadrireattore incendiato in cielo prima di scontrarsi con la montagna. 

Una falsità. Ma questo non fermò Saud dal parlare fin da subito di attentato.

Lo stesso giorno, infatti, mandò un messaggio al suo popolo confermando con certezza, quando ancora non si conosceva nemmeno il luogo esatto dell'impatto: “[…] È esplosa una bomba che ha distrutto l’aereo. […] Sapete bene chi ha ordito questa cospirazione e ne faremo più tardi il nome.”

[Da Archivio "La Stampa"]

SAUD, LO SPERPERATORE

Saud “Il magnifico” era un personaggio chiacchierato di quell’epoca. Si faceva fotografare con John Fitzegerald Kennedy o in altre situazioni istituzionali sempre con indosso degli appariscenti occhiali da sole. Una vita contraddistinta da stravaganza e sperpero di denaro dello stato. 

Motivo per cui, fin dall'insediamento nel 1953, il suo mandato non fu mai visto troppo di buon occhio dai vertici della nazione. Quando l’areo cadde in Valle Gesso il suo regno non aveva ancora compiuto un decennio, ma già il suo potere scricchiolava. Da una parte i membri anziani della famiglia reale, dall’altra gli ulama, l'intellighenzia religiosa del regno. Tutti volevano che Saud “Il Magnifico” deponesse in favore del fratello. E così accadde, un anno dopo, sul finire del 1964.   

La sua paura nel sentirsi costantemente sotto attacco alimentò, già in partenza, il chiacchiericcio attorno al dramma del Comet. Un’accusa poi spenta molti mesi dopo dalle perizie dell’autorità giudiziaria, che confermarono: "non ci fu esplosione precedente all’impatto”.

LE DIFFICOLTA’ NELLE RICERCHE

La neve cadde copiosa subito dopo quel violentissimo incidente. I primi sorvoli non riuscirono ad individuare il luogo esatto dello schianto a causa del maltempo. In poco tempo tutto fu sommerso. Arrivarono a valle dei brandelli di lana di roccia e dei piccoli frammenti del manuale d’istruzione del Comet. Questo confermò che l’incidente era effettivamente avvenuto. Ma per sapere dove fossero i resti bisognerà aspettare gli inizi di aprile. Quando le ricerche ripresero, dopo che erano state quasi immediatamente sospese, visto l’alto rischio valanghe. 

IL RITROVAMENTO DEI RESTI SOLO AI PRIMI DI MAGGIO

I resti furono trovati sotto quattro metri di neve il primo maggio del 1963. Un mese e mezzo dopo l’incidente. Questi lunghi tempi, uniti al fatto che si trattava di un volo illustre e alle voci di un complotto nei confronti del re, contribuirono ad accrescere l’interesse attorno a questo fatto di cronaca. In quei giorni quasi ogni giorno, infatti, si parlava nei rotocalchi, non solo locali, degli esiti delle ricerche che partivano dalla base di Sant’Anna di Valdieri. 

[Da Archivio "La Stampa"]

LA SEPOLTURA A CUNEO E IL TRIPLICE RITO

Quel che rimaneva dei diciotto corpi fu portato a valle. Le vittime furono sepolte presso il cimitero di Cuneo solamente il 9 agosto, molti mesi dopo. I funerali furono celebrati quel giorno, alla presenza di diverse autorità, con un triplice rito. 

Musulmano, anglicano e cattolico

IL TESORO DEL RE A BORDO DEL COMET

Con il funerale delle 18 vittime si chiude anche la cronaca della tragedia del Comet. Le perizie, come detto, confermeranno come l’errore umano e le avverse condizioni atmosferiche furono le cause uniche dell’incidente. 

Ma le notizie legate al volo di Re Saud non finirono quel 9 agosto. 

Parallelamente al racconto dello schianto, alle prime testimonianze e  al presunto attentato, i primi articoli di giornale parlavano del tesoro di Re Saud a bordo di quell’aereo. Addirittura 63 milioni di soldi del regno oltre a gioielli e oggetti di lusso

Un altro tassello che contribuì ad ammantare di leggenda questa storia già ricca di ricostruzioni fantasiose. 

LE ACCUSE AI VALLIGIANI

Siccome le ricerche si interruppero a pochi giorni dall’impatto, quando la voce del presunto tesoro del re già era di pubblico dominio, si pensò, sbagliando, che qualche esperto alpinista, potesse aver raggiunto il relitto dell’aereo e si potesse essere impossessato di quel tesoro. 

Un tesoro, in realtà, mai a bordo di quell’apparecchio. Così come (e le foto dell’epoca lo testimoniano) nessuno raggiunse i relitti dell’aereo prima dei soccorritori. 

Le storie dei valligiani accusati di aver trafugato il bottino del Comet continuano ancora oggi. Storie che in certi casi arriveranno anche nelle aule del tribunale e di cui se ne parlò sui giornali almeno fino al 1967. 

Quattro anni dopo quell’incidente. 

Storie che ancora circolano nel borbottare di paese. Ma che non hanno mai avuto un reale riscontro, nemmeno processuale.

Nel video la seconda parte del racconto.



A CUNEO IL FIGLIO DELL'INGEGNERE DI BORDO DEL COMET

Per chi fosse interessato ad approfondire questa vicenda, oltre a leggere il testo "Ali spezzate. Incidenti aerei sulle Alpi sud-occidentali" di Unia e Costagli, sarà possibile con gli autori partecipare all'incontro in programma giovedì 18 maggio alle ore 18,30 presso la Sala Polivalente in Largo Barale, 1, nell'ambito del Festival della Montagna.

Sarà presente Philip Rousse, figlio dell'ingegnere di bordo rimasto vittima nell'incidente del Comet, 60 anni fa. Quando perse il padre aveva solo 15 anni.

[Philip Rousse sul luogo dell'incidente dove nel 1963 suo padre perse la vita]

 

Daniele Caponnetto

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