Attualità - 13 gennaio 2023, 17:20

La ristorazione stellata di Langhe e Roero come affronta gli eccessivi costi di gestione?

La riflessione nasce dalla chiusura del pluristellato Noma di Copenaghen dell'abile chef-comunicatore Renè Redzepi. Come sta andando l'offerta enogastronomica di questo livello?

I piatti stellati come espressione della cultura delle Langhe e del Roero (Foto massimocamia.it)

I piatti stellati come espressione della cultura delle Langhe e del Roero (Foto massimocamia.it)

Anche i ristoranti stellati abbassano le serrande… Sembra quasi un paradosso, ma è così. La notizia della chiusura del pluristellato Noma di Copenaghen, ha fatto scalpore, ed ha acceso i riflettori anche sul mondo delle grandi esperienze culinarie, dove, a quanto pare, non è tutto ora quel che luccica.

Il grande chef Renè Redzepi non è nuovo a queste situazioni di chiusura, ma ogni volta fa notizia: a portarlo a questa decisione sono stati i costi umani e economici troppo elevati, che minano il livello di strutture dalla simile caratura.
La riflessione, lanciata dal Corriere della Sera, viene declinata anche al mondo delle Stelle della nostra amata Italia, terra di grandi cuochi, capaci di valorizzare le eccellenze indigene ad altissimi livelli.

Ma proprio questo stare così in alto sembra aver fatto venire le vertigini? Le cause? Eccessiva burocrazia, costi dell’energia, costi delle materie prime, gli stipendi. Tutti fattori che, se prima del Covid19 si riusciva a tenere sotto controllo, ora sono diventati quasi insopportabili. In Italia sono presenti 385 ristoranti stellati. E in Piemonte? Sono 44. E proprio nel nostro territorio gli chef con la stella come stanno affrontando questa situazione? Ne sono vittime o ne tessono ancora le fila?

«La “stella” è un onore riceverla - afferma Maurilio Garola del ristorante “La Ciau del Tornavento” * Stella Michelin - e comporta un cammino impegnativo e difficile per mantenerla e gestirla. In Italia circa il 50% dei ristoranti stellati possono fare affidamento su finanziatori importanti che, soprattutto in periodi come quello che stiamo vivendo, danno un aiuto significativo. I restanti stellati sono a conduzione famigliare e cercano di proseguire il cammino, come facciamo noi, affrontando i costi diventati troppo determinanti su personale, materia prima, energia.

In 27 anni di attività abbiamo affrontato i nostri momenti e credo che l’esperienza e la continuità ci stiano premiando ancora oggi: riusciamo a fare fino a 80 coperti ed a pagare i costi grazie al “tesoretto” messo da parte negli anni di duro lavoro. Non dico questo per incensarmi, perché ci sono altre virtuose realtà come la nostra, ma non trovo giusto che si debba fare così tanta fatica, rischiando di essere fagocitati da una situazione quasi insostenibile. Posso capire la decisione di Redzepi o di altri grandi nomi che hanno chiuso per poi riaprire in seguito. A quei livelli ci sono costi veramente troppo pesanti se inseriti in un contesto come quello attuale».

E il territorio delle Langhe ha dato una mano a stare in piedi: «Le Langhe anche in quest’anno di ripartenza turistica - continua Maurilio - hanno dimostrato di essere un territorio privilegiato in un Piemonte dove ci sono situazioni critiche. Faccio il nostro esempio: oltre a “La Ciau”, dove lavorano 32 persone, abbiamo il ristorante non stellato “Campa Mac”, aperto cinque anni fa, e che conta sul lavoro di 22 persone. Come si può vedere già solo il numero del personale è significativo, e, se si aggiungono i costi alle stelle (28 mila Euro di gas!), diventa difficile. Ma, nonostante questo, stiamo andando avanti grazie anche alla clientela che apprezza la cucina che racconta il territorio, proposta a un rapporto qualità/prezzo equilibrato.Lavorare 13/14 ore al giorno, essere attenti al cliente, e offrire la storia delle Langhe nel piatto, sono aspetti che si sopportano volentieri in situazioni normali. Ora sta diventando pesante per via dei costi che, speriamo, vedere presto rientrare in un range accettabile».

Lo chef Massimo Camia (*Stella Michelin) dell’omonimo ristorante, dove lavorano in tutto 14 persone (inclusi lui, la moglie, il figlio e la figlia) analizza così la situazione: «Partendo dallo spunto della chiusura del Noma di Copenaghen, posso dire che ognuno di noi ha la facoltà di gestire il proprio lavoro secondo un proprio metodo, declinandolo anche nella situazione in cui vive. Chi ha le “stelle” non può vivere in una comfort zone ma, soprattutto in questi momenti storici, deve saper differenziare l’esperienza culinaria. Noi, ad esempio, abbiamo il catering, altri hanno i bistrot o fanno consulenze. Se non ci sono finanziatori che aiutano l’attività, per stare in piedi con le proprie gambe bisogna essere creativi, non solo in cucina. Posso capire la scelta di Redzepi: per ristoranti come il Noma ci sono costi inimmaginabili e arrivare a queste decisioni è molto difficile. Ovviamente il vero motivo non lo sappiamo ma tant’è, ma questo può essere utile per riflettere sulla situazione dei ristoranti.

Guardando alle Langhe, la costante presenza del turista per circa nove mesi all’anno, permette di lavorare in modo progettuale, proponendo esperienze del territorio nei piatti. Questo aiuta anche adesso che i costi sono diventati pesanti, ma non per questo si possono ribaltare completamente sul cliente. Se guardo al futuro, da un lato vedo un territorio vivo e ricco di eccellenze, dall’altro un panorama dove le riflessioni sono necessarie su un movimento di ristorazione che, attualmente, deve continuare a fare i conti con le spese eccessive. Speriamo che tutto possa assestarsi ad un livello accettabile perché anche chi ha la Stella possa continuare a lavorare con più serenità».


La riflessione di Roberta Ceretto, rappresentante della famiglia che crede nel lavoro del *** Stelle Michelin Enrico Crippa di “Piazza Duomo” ad Alba, e che gestisce anche il ristorante “La Piola” (in tutto 30 persone alle dipendenze) lancia una riflessione più concettuale: «La notizia della chiusura del Noma - afferma Roberta - sta facendo troppo scalpore. Il comunicato stampa divulgato dallo chef Renè Redzepi  è una trovata geniale che conferma le sue doti di abile comunicatore, non nuovo ad azioni di questo genere. Non entriamo nel merito della questione ma credo che il suo modo di cadere e risorgere come un’araba fenice non sia fatto in modo inconsapevole. Sicuramente lui è un esempio di come certi chef pluristellati siano anche degli abili imprenditori e comunicatori.

Detto questo, se guardiamo al nostro territorio delle Langhe, il successo della ristorazione locale è arrivata con merito grande ad un comune denominatore che accomuna tutti gli chef, stellati o meno: quello di saper proporre una progettualità e di agire in modo oculato per valorizzare un territorio dove cantine, ristoranti, produttori di eccellenze sanno fare rete.

Se puntiamo il focus sui ristoranti stellati, posso mettere in campo il nostro esempio: noi abbiamo creduto da subito per vari motivi nell’uomo e nello chef Enrico Crippa, aiutandolo a partire e sostenendolo tuttora. Abbiamo anche “La Piola”, il ristorante che aiuta anche economicamente il nostro progetto di eccellenza enogastronomica, declinata su un altro livello rispetto a quello di “Piazza Duomo”.

Noi finanziamo la cultura della cucina di eccellenza nelle sue varie forme, e in questo modo valorizziamo il territorio delle Langhe. Anche altri lo fanno, e questo credo che sia l’aspetto positivo su cui basarsi, anche per affrontare i costi che colpiscono tutti, in un momento storico dove bisogna avere le spalle ben coperte».

Livio Oggero

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