- 21 novembre 2012, 07:13

Un articolo che non è solo per quattro gatti

Un articolo che non è solo per quattro gatti

Dopo un certo numero di gatti, da qualche mese, è entrato a far parte nella famiglia dei miei genitori, un cane.

I cani stanno ai gatti come gli uomini stanno alle donne. Sono giocherelloni, semplici da capire, perlopiù allegri. I gatti sono più misteriosi, lunatici, complicati, riflessivi. Due mondi completamente diversi ma che non li si può considerare uno migliore dell'altro.

Tanto il gatto è discreto, tanto il cane è “caciarone”. Il soggetto in questione è stato tranquillo giusto un paio di giorni. Appena arrivato, Miky, comprensibilmente spaesato, se ne gironzolava piuttosto amorfo e se ti guardava, lo faceva come si trovasse di fronte ad una sedia. Era ancora un po' gatto, all'inizio, ma è durato poco.

Acquistata un po' più di confidenza con l'ambiente e le persone che ci vivevano, non ha più soffocato la sua prorompente personalità canina. Una delle prime cose che ha capito era che c'era un soggetto che gli era meno propenso, essendo un profondo amante dei gatti. Occorreva fargli cambiare idea, applicandosi con dovizia nel cercare di portarlo dalla sua parte. Dunque mostrare grande entusiasmo quando si trattava di uscire con questo maschio anziano di uomo, frenare la propria esuberanza e trotterellare educatamente al suo fianco invece di tirare al guinzaglio, rinunciare ad invadere abbaiando una determinata parte della casa perché il maschio anziano non gradisce dipingere in compagnia di una presenza canina.

Con la femmina anziana, tutto molto più semplice. Era lei che lo voleva in casa; Miky lo sa da sempre. Quindi nessuno sforzo nel lasciarsi andare a tutti gli atteggiamenti canini che invece al maschio danno un po' fastidio. Con lei, infatti, si può salire in grembo, abbandonarsi completamente a corpo morto in posa da pupazzo e guardarla con occhi languidi – o come si può immaginare che sia il suo sguardo completamente nascosto dai peli.

In ogni caso, in ogni momento, con chiunque, Miky deve essere al centro del mondo. Il gatto accoccolato in disparte su una sedia, sonnecchiante, del tutto estraneo e disinteressato alle persone che chiacchierano nell'ambiente circostante, fa parte di un mondo che non c'entra nulla con la mentalità canina. Lui deve stare in mezzo agli umani, letteralmente. Ti guarda mentre parli e quando smetti, passa a fissare l'altro. Pare molto interessato a qualsiasi argomento si tratti e, se solo potesse, direbbe certamente la sua. Adora la gente, vuole stare in compagnia e sembra fare di tutto per portare i discorsi degli umani su di sé, come se intuitivamente capisse che questo è l’atteggiamento giusto per concentrare su di sé l'attenzione.

Quando arriva il momento del commiato, Miky l'ha già capito da un po'. Diventa irrequieto, passa fra le gambe dell'uno e dell'altro, sa già che, questione di pochi minuti, la casa si svuoterà.

Come odia il momento in cui ci infiliamo la giacca, prendiamo la borsa e iniziamo a salutare. Non vuole, noi non dobbiamo andarcene, gli rechiamo un enorme dispiacere: possibile che non ci rendiamo conto? Siamo parte della famiglia, della SUA famiglia! Così, ai primi accenni di saluti, protesta nell'unico modo che sa fare, agitandosi, correndo su e giù, abbaiando fino a finire il fiato.

Com'è diverso dai felini che l'hanno preceduto. Loro, dal punto dal quale non si erano mossi neanche di un centimetro durante tutto il tempo della visita, aprivano mezzo occhio tanto per controllare che, finalmente (era proprio ora, che diamine), gli intrusi si togliessero dai piedi. Poi, riabbassavano la palpebra, per tornare al loro esclusivo torpore “gattesco” consapevoli che la casa era tornata di loro assoluto dominio e proprietà.

Monica Bruna

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