Oggi, a invadere quegli stessi stand, spuntano shopper personalizzabili con messaggi eco-friendly in cotone riciclato, penne in cartone vegetale e block notes che sembrano usciti da una bottega artigiana. Le fiere di settore stanno diventando specchi dei cambiamenti culturali. E tra le tendenze che più si notano c’è quella dell’ecosostenibilità. Un vero e proprio boom, silenzioso e coerente, che conquista espositori e visitatori con la forza dell’etica e della praticità.
Un cambiamento che parte dalla consapevolezza
Secondo un report pubblicato da Ufi, l'Associazione Globale dell'Industria Fieristica, il 73% degli espositori e visitatori considera la tutela dell'ambiente una priorità nelle fiere di settore. È qualcosa che affonda le radici in un mutamento più profondo, quasi viscerale. Le aziende che espongono, oggi, sanno bene che ogni dettaglio racconta chi sono davvero. E allora via la plastica usa e getta dagli stand: c’è un nuovo pubblico da incontrare, fatto di persone che osservano, che leggono le etichette, che si accorgono se stai solo facendo greenwashing o se i valori dell’azienda sono veramente radicati nei principi di sostenibilità. Basta fare un giro in una qualsiasi fiera di settore per rendersene conto: gli stand si riempiono di materiali naturali, di accessori eco-friendly sostenibili o riciclati.
Verso una nuova grammatica dell’evento
Si sta riscrivendo il modo stesso in cui un evento viene concepito. La sostenibilità non è più una delle tante voci di bilancio, è un linguaggio che entra ovunque: nel design degli spazi, nelle modalità di trasporto, nei badge compostabili, nelle scelte di comunicazione. Si respira una nuova grammatica, fatta di rispetto, coerenza, concretezza.
In fondo, l’impatto di un evento non si misura solo in biglietti staccati o metri quadri venduti. Si misura anche in ciò che resta dopo. E se quello che resta è un senso di rispetto per le persone e per il pianeta, allora sì: vale la pena ripetere quella stessa fiera di settore l’anno seguente. Magari in una versione ancora più sostenibile.
Professionisti e pubblico: un dialogo che cambia tono
C’è un aspetto che spesso passa inosservato, ma che negli ultimi anni ha preso una piega interessante: la sostenibilità non arriva solo dal palco o dagli stand, ma anche dal pubblico che li attraversa. Partecipanti più attenti, più informati, più esigenti. Che si guardano intorno non solo per scoprire novità di prodotto, ma per capire se l’evento a cui stanno partecipando è allineato con i propri valori. Non basta più una buona organizzazione. Servono gesti veri. Decisioni coerenti. Scelte che non sembrino intraprese solo per fare bella figura, ma che abbiano un senso profondo.
Da parte degli organizzatori si nota un cambio di passo. Le figure tecniche si confrontano con designer ambientali, gli addetti stampa con consulenti green, i responsabili di logistica con esperti di economia circolare. È come se l’intero meccanismo fieristico stesse imparando a parlarsi in un altro modo. Più articolato, forse, ma anche più maturo. La parola “evento” sta perdendo quella patina consumistica per diventare un'occasione per costruire relazioni nuove, basate su contenuti ma anche su comportamenti.
Possiamo sicuramente affermare che chi presidia questi spazi oggi, lo fa con una consapevolezza diversa. La sostenibilità è diventata parte integrante del messaggio, una premessa necessaria, e chi riesce a incarnarla davvero, senza retorica, conquista terreno.
Il concetto di “temporaneo” non è più sinonimo di “usa e getta”
Una volta finita la fiera, restava sempre lo stesso copione: moquette da buttare, pannelli da smaltire, fondali strappati in fretta, plastica ovunque. Ora lo scenario sta cambiando. Cartone alveolare, tessuti rigenerati, strutture modulari in alluminio leggero: i nuovi materiali parlano una lingua diversa, più sobria, più pulita, più intelligente. Non solo si montano e si smontano in tempi record, ma hanno una seconda vita già scritta.
Il concetto di “temporaneo” non è più sinonimo di “usa e getta”. Si parla di montaggi reversibili, di allestimenti che si piegano come origami e ritornano a vivere in altre città, dentro altri eventi. In questo nuovo modo di pensare gli spazi, anche l’effimero acquisisce dignità. Non si butta via niente: si trasforma, si adatta, si riusa. Il bello è che spesso lo si fa senza che nessuno se ne accorga, perché il risultato finale è comunque elegante, professionale, capace di stupire.
Chi padroneggia questi nuovi materiali e questa logica del lavoro ha in mano una marcia in più. Sa costruire un allestimento in modo più rapido, più sostenibile, e spesso anche più economico. Un allestitore che lavora con coscienza ambientale non è solo più green: è più competitivo.