Come ogni anno, a poca distanza dalle celebrazioni del 25 aprile, si torna a parlare di Resistenza e Liberazione.
Pagine della nostra storia comune lentamente dimenticate per la progressiva mancanza di testimoni diretti ma che – e questo lo sanno in tanti, nella nostra provincia e nelle nostre valli, tra quelli che amano escursioni e passeggiate nella natura – possono letteralmente riaffiorare nella nostra quotidianità. Anche nei loro passaggi più oscuri.
“I fenomeni di violenza caratterizzarono tutto il corso della guerra anti-partigiana e la Resistenza non ne fu indenne, specie nel mese successivo alla liberazione – ha commentato lo storico cuneese Sergio Costagli -. Molte atrocità non sono state rese pubbliche, né subito dopo la Liberazione né durante i decenni successivi: nel discorso tenuto da Giorgio Napolitano il 15 maggio 2006 in occasione del suo insediamento a Montecitorio il Presidente non mancò di ricordare il valore civile della Liberazione ‘senza ignorare zone d’ombra, eccessi e aberrazioni’”.
Una di queste, secondo Costagli, è occorsa proprio il 25 aprile 1945 in Valle Gesso. Quando il capitano Calabrò della Divisione Littorio venne richiesto di ripiegare su Borgo San Dalmazzo; le prime perdite a seguito di attacchi partigiani si sostanziarono tra Entracque e Desertetto e, successivamente, i catturati vennero condotti nelle casermette di Valdieri e tenuti sino ai primi giorni di maggio. Bruno Grisi, Mario Buccianti, Lamberto Sanvitale, Luigi Magni e il caporale Scioratto furono fucilati all’imbocco del pozzo dell’Infernotto e gettati dentro. I resti verranno recuperati soltanto nell’estate del 1950 da Vincenzo e Giovanni Giordana di Valdieri.
L’8 novembre 2007 Costagli ha intervistato un testimone dei fatti; un ex partigiano, mantenuto anonimo. Riportiamo qui di seguito il testo dell’intervista:
- […]. Ne “Il sangue dei vinti”, Giampaolo Pansa, l’autore fa riferimento alla vicenda dei militari della Littorio fucilati a Valdieri o nelle immediate vicinanze, in Valle Gesso, precisando anche il numero dei giustiziati: “16 di loro vennero passati per le armi a Valdieri in un periodo che va dal 25 aprile al 23 maggio”. Se certe cose non si dimenticano, come dice lei, quei 16 della Littorio che fine fecero?
“Non lo so, posso dirle che sicuramente provenivano dalla valle Gesso, forse dalla valle Vermenagna: repubblichini che scappavano; qui a Borgo e a Roccavione c’erano i posti di blocco. Io ero alle caserme di Valdieri, lì erano raccolti i fascisti prigionieri per l’identificazione, le generalità… alcuni erano stati presi a Sant’Anna e a Entracque, altri cercavano di nascondersi alle Terme; c’erano anche delle donne. Erano prigionieri, la guerra non era finita, sa…”
- All’inizio degli anni ‘50 a Valdieri vengono riesumati da Vincenzo Giordana e da suo figlio diciotto corpi di militari della RSI da questo cunicolo (lo mostra in fotografia). Era un vecchio pozzo con tre cunicoli di sondaggi per valutare se le vene di ossidi di ferro erano economicamente interessanti per estrarre il minerale. Si trova in fondo al vallone dell’Infernetto, sulla destra per chi sale. Lei sa di cosa parlo?
“Sì, ma yerun pi ‘d cui che l’an truvà.”
- Ah, perché gli altri dove sono?
“Io ero nelle casermette e da lì non mi sono mai mosso, so che di sera sul tardi partiva qualche camion, dove non lo so. Di un carico (di fascisti, NdA) mi avevano detto che andava al forte di Demonte o di Vinadio; non so che fine fecero. Sicuramente a Valdieri non tornarono. Poi, per quelli dell’Infernetto… lo chieda all’unico partigiano che è ancora vivo: è di Valdieri.”
- Lei saprebbe indicarmelo?
(Nessuna risposta)
- Se i corpi dei presunti repubblichini non sono stati ritrovati tutti insieme vuol dire che un gruppo di questi è stato portato da un’altra parte. Giusto?
“Non lo so, di notte c’era sempre un continuo movimento di automezzi… All’inizio del vallone, sulla sinistra c’erano le cave di ardesia; qualche imbocco di galleria fu fatta saltare. Forse quella esplosione notturna si era sentita distintamente da Valdieri: potevano esserci testimoni e la cosa poteva essere fastidiosa – forse fu per questo motivo che una parte di fascisti in seguito fu portata in fondo al vallone.”
- Se usavate degli automezzi per trasportare i fascisti vuol dire che numericamente erano molti i prigionieri a Valdieri; poi, quelle donne che ci facevano?
“Di preciso non ricordo quanti erano, complessivamente forse 20 o forse 30 non di più. Quelle donne… alcune erano le mogli di qualche ufficiale fascista, quando le separarono dai loro uomini si misero a urlare dando in escandescenze, ci furono problemi di sicurezza tanto che alla fine portarono via anche loro, cioè le donne.”
- Dove?
“All’Infernetto…”
- Complessivamente, all’Infernetto, quanti? Quelli indicati da Pansa o molti di più?
“Sài nèn…”
- Non lo sa o non ricorda?
(Nessuna risposta).
- A quale gruppo appartenevano i partigiani che gestivano quei prigionieri?
“Non lo so, non li avevo mai visti prima operare qui in valle. Io e qualche altro partigiano della mia banda eravamo lì a Valdieri perché dovevamo tenere presidiate le caserme precedentemente occupate.”
- Secondo lei, in valle si possono fare altri ritrovamenti?
“Mi ai già dit trop… Ca parla a chiel là de Valdieri. Lui sa, l’era chiel che li scortava insieme ad altri all’Infernetto.”
- Come faccio a domandarglielo, se non so chi è?
(Nessuna risposta)