Certo, oggi è possibile avere a disposizione in pochi click delle ottime seeds bank.
Giusto per citare un esempio, ricordiamo che la varietà dei semi Sensoryseeds, una delle banche più famose al mondo, è all’insegna della qualità, con opzioni che, come le autofiorenti, sono particolarmente adatte a chi parte da zero.
Prima ancora di parlare di grandi nomi, però, bisogna andare a fondo per quanto riguarda le caratteristiche dei semi.
Vediamo quindi qualche consiglio per capire verso quali vale la pena concentrarsi.
Focus sull’effetto
Uno dei primi aspetti da considerare quando ci si chiede quali semi di cannabis scegliere riguarda l’effetto che si ha intenzione di apprezzare dalle cime.
Guardando alle tre opzioni indica, sativa e ibrida, è bene ricordare che, nel caso della prima, si ha a che fare con semi che permettono di arrivare a piante che garantiscono un effetto piacevole, fortemente rilassante.
Il livello di distensione che si può sperimentare è particolarmente accentuato.
Quando si decide di coltivare semi di cannabis di questa varietà, è necessario essere consapevoli del fatto che, nel corso dello sviluppo, si avrà a che fare con piante che crescono con una forma definibile, a ragione, come tozza.
In casi davvero rari, supera il metro d’altezza, peculiarità che la rende adatta a chi ha poco spazio a disposizione in casa.
I semi di cannabis della varietà sativa, invece, sono noti per essere il punto di partenza di una pianta che regala effetti stimolanti.
Le piante, in alcuni casi, possono raggiungere la ragguardevole altezza di 3 metri, con fusti dalla consistenza non tanto diversa da quella dei tronchi degli alberi.
Nel caso dei semi con varietà ibride, si parla di un prodotto che, oggi come oggi, ha un grande successo sul mercato. Il consiglio quando li si acquista è quello di fare molta attenzione all’equilibrio tra cannabis indica e varietà sativa.
Semi regolari, fotoperiodici, autofiorenti: caratteristiche e differenze
Quando si deve scegliere i semi di cannabis da coltivare, è importantissimo documentarsi sulla differenza tra quelli regolari, fotoperiodici e autofiorenti.
I primi, che possono dare sia piante maschio, sia piante di sesso femminile, sono decisamente meno popolare rispetto al passato, nache se rimane uno zoccolo duro di growers che li considera la strada migliore da seguire per ottenere dei raccolti di qualità.
Il principale motivo per cui la loro popolarità è stata interessata da un calo nel corso del tempo riguarda un compito a carico del coltivatore, ossia quello di identificare, il più velocemente possibile, le piante di sesso maschile.
L’unico caso in cui ha il suo perché la presenza delle piante di sesso maschile riguarda le situazioni in cui si punta a fare esperimenti ibridando.
I semi femminizzati sono particolarmente consigliati. Le piante di sesso femminile, infatti, sono le uniche in grado di produrre delle cime con un abbondante contenuto di resina.
Nel caso in cui si ha a che fare con i semi femminizzati fotoperiodici, è il caso di stanziare un budget per l’illuminazione che, a seconda della fase di crescita che la pianta sta attraversando, va gestita in modo diverso.
I semi autofiorenti sono il top per chi inizia da zero - o quasi - a coltivare la cannabis in ambito domestico.
Grazie al loro corredo genetico che presenta tratti di cannabis ruderalis, genetica originaria di una zona climatica difficile come la Siberia. Questa capacità di adattamento ha fatto sì che le piante autofiorenti siano in grado di fiorire in tempi molto brevi.
Si parla di circa 4 settimane dalla semina. I tempi sono soggetti a variazioni e dipendono solo dall’età della pianta, senza alcuna connessione con l’illuminazione.