Attualità - 18 marzo 2025, 06:43

Il Caffè letterario di Bra per la Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid

Il 18 marzo è una data simbolica che ci ricorda il dramma vissuto nel 2020, chi siamo e chi eravamo

È stata istituita con la Legge n. 35 del 2021 per «Conservare e rinnovare la memoria di tutte le persone che sono decedute a causa della pandemia» la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia da Coronavirus, che si celebra il 18 marzo.

L’Italia ricorda così i 103mila morti per Covid-19, stringendosi attorno a Bergamo, una delle città che ha pagato il suo tributo più alto alla pandemia e dove resta ancora presente e viva l’immagine della lunga colonna di camion dell’esercito che usciva dalla città per trasportare centinaia di bare di defunti in attesa di sepoltura.

Era il 18 marzo 2020 e l’intero Paese affrontava il suo giorno più nero: i posti letto negli ospedali non bastavano più, i cimiteri lombardi erano al collasso e il bollettino registrava 2.978 vittime su scala nazionale.

Per settimane abbiamo continuato a vedere le strade deserte, avvolte in un silenzio che sembrava surreale e a cui non ci siamo mai abituati. Tutto all’improvviso. In un’ondata che sembrava destinata all’altra parte del mondo e invece era vicinissima.

In questa giornata hanno luogo iniziative celebrative, ma anche informative come leggere un libro. Il Caffè letterario di Bra punta su “Vorrei che fossi qui” di Jodi Picoult (Fazi). Il titolo è quello della canzone dei Pink Floyd “Wish you were here” (1975). E c’è molta altra musica in questa storia che racconta i due anni di vita che abbiamo diviso con il Covid.

Si parla di una coppia che vuole mettere su famiglia a New York: Finn, giovane medico e Diana, esperta d’arte da Sotheby’s, con una promozione in arrivo se riuscirà a vendere il quadro di Toulouse-Lautrec posseduto da Kitomi Ito, moglie di un cantante assassinato da un fan a New York.

In mezzo a questi eventi, si inserisce la pandemia, in città e al di là dell’Oceano. Attraverso le vicende di Diana e Finn, scopriamo come la Grande Mela ha vissuto la violenza del Covid, il lockdown, il lavoro negli ospedali, immagini uguali a quelle che abbiamo avuto a casa nostra.

La realtà di quei mesi ora ci sembra surreale e l’autrice ne rende tutta l’angoscia e lo straniamento. Con un finale molto ben congegnato, che ci fa sobbalzare dalla sedia. Scopritelo.

Silvia Gullino