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Scuole e corsi | 15 marzo 2025, 17:40

Educatori e studenti dell'Arimondi Eula di Savigliano sul Treno della Memoria

In settanta hanno partecipato tra il 25 febbraio ed il 4 marzo alla decima partenza, per il ventesimo anno consecutivo

Educatori e studenti dell'Arimondi Eula di Savigliano sul Treno della Memoria

Riceviamo e pubblichiamo:

Tra il 25 febbraio ed il 4 marzo si è svolta la decima partenza, per il ventesimo anno consecutivo, del “Treno della Memoria”, un viaggio per ricordare la tragedia e gli orrori della dittatura nazista. Siamo partiti la sera del primo giorno alla volta di Berlino. Insieme all’associazione italiana il Treno della Memoria eravamo in 70, tra educatori, studenti dell’Arimondi-Eula di Savigliano e Racconigi: ragazzi giovani, carichi e pieni di voglia di scoprire.

Nel pomeriggio seguente siamo arrivati a Berlino e abbiamo fatto le nostre prime visite. Insieme alla guida abbiamo visitato il centro di Berlino e i memoriali per i ROM e Sinti, quello per gli ebrei assassinati d’Europa e quello per la comunità LGBTQ+, rendendoci così conto della vastità delle categorie emarginate dal sistema nazista.

La mattina del 27 febbraio siamo entrati nel primo dei tre campi che avremmo visto, Ravensbruck. L’arrivo nel bosco e il freddo gelido già preannunciavano l’ambiente che avremmo trovato. Grazie alla nostra guida siamo riusciti a entrare perfettamente nella visione di ciò che il campo era un tempo, nonostante mancassero gli edifici di base, poiché smantellati nel dopoguerra e durante la Guerra fredda. Finiamo la nostra visita con un momento di commemorazione davanti al lago, fuori dal campo, insieme agli altri gruppi presenti, e ci rimettiamo in viaggio verso la capitale tedesca. Con ancora il cuore pesante torniamo in città per visitare il memoriale dell’Armata rossa e quel poco che resta del Muro di Berlino.

La sera seguente, arrivati a Cracovia, partecipiamo ad un gioco di ruolo per le strade del centro città, grazie alla partecipazione di tre attori che ci avrebbero seguiti per l’intera permanenza in città. Ci viene mostrato così l’ambiente rude e strettamente controllato dell’epoca nazista in Polonia. Sabato mattina ci catapultiamo nella realtà del ghetto e del quartiere ebraico, due luoghi ben diversi e distinti, diversamente da come siamo abituati a pensare noi. Il ghetto ci mette un’immediata tristezza e un gran senso di costrizione, la guida ci mostra molte foto della devastazione avvenuta al suo interno e di come i luoghi dove stavamo camminando erano stati percorsi da moltissime persone uccise anche se innocenti. Lì visitiamo anche il museo di Schindler, imprenditore tedesco che salvò 1200 ebrei impiegandoli come operai nella sua fabbrica a Cracovia. Arrivati, però, al quartiere ebraico veniamo inondati da un’aria di comunità e accoglienza, un posto molto differente dal precedente, in cui si è sviluppata nei secoli la storia della comunità ebraica polacca.

La sera assistiamo ad uno spettacolo teatrale, sempre inscenato dagli attori che ci stavano seguendo nel nostro percorso, che tratta la storia di tre ragazzi omosessuali durante l’epoca nazista e l’impossibilità del poter amare chi si desiderava, poiché ritenuto sbagliato.

La domenica la sveglia suona presto, ci troviamo ad Auschwitz, secondo campo visitato nel nostro viaggio, chiamato Auschwitz 1. L’orrore e le atrocità sono tante, un freddo tagliente ci pervade, l’immensità della lista dei nomi dei deportati, a cui sono da aggiungere tutte le persone uccise appena arrivate e quindi non schedate dalle SS, ci atterrisce. Stanze allestite come quella con i disegni dei bambini di Birkenau riportati sulle pareti ci stringono il cuore, per non parlare dei mucchi di capelli, pentole, occhiali, protesi, scarpe e valigie che ci vengono mostrati.

Nel pomeriggio ci trasferiamo ad Auschwitz-Birkenau, detto Auschwitz 2. La vastità del campo ci devasta, non si vede la fine da nessun lato, bastano i pochi resti delle costruzioni rimaste per farci entrare nell’ottica della brutalità di quell’inferno. Con tutti i gruppi del treno della memoria che si trovavano lì, ci fermiamo per un momento di commemorazione toccante, in cui ognuno ricorda un prigioniero del campo della lista vista ad Auschwitz 1 e gli educatori reggono uno striscione che riporta una frase importante per far sì che questa esperienza serva a ricordare, ma soprattutto a non ripetere: “È avvenuto quindi può accadere di nuovo. Questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire. E voi imparate che occorre vedere e non guardare in aria, occorre agire, non parlare. Questo mostro stava una volta per governare il mondo, i popoli lo spensero, ma ora non cantiamo vittoria troppo presto, il grembo da cui nacque è ancora fecondo”.

La mattina dell’ultimo giorno, ogni gruppo per conto proprio ha svolto la restituzione, un momento di confronto tra ragazzi e educatori per esprimere i propri pensieri e la considerazione su ciò che si era vissuto. Ogni gruppo ha condiviso questi pensieri e conclusioni tramite un rappresentante all’assemblea generale del pomeriggio, durante la quale, sul tema della libertà di viaggiare, hanno parlato tre ospiti: due associazioni di soccorso in mare e Pietro Bartolo, medico di Lampedusa.

Confrontandoci è stato chiaro ciò che ci ha lasciato questo viaggio: il non dare mai per scontato nulla, attribuendo il giusto peso ad ogni cosa, ricordandoci che ci sono persone che sono state trattate in modi così atroci. Inoltre, abbiamo acquisito la maturità per poter capire le cose da un nuovo punto di vista e riflettere su di esse in un determinato modo.

A ripensare a questa esperienza mi torna ancora un brivido di freddo, lo stesso freddo che ha ucciso milioni di persone che non avevano la possibilità di coprirsi come ce l’abbiamo avuta noi. Il nostro obiettivo ora è quello di ricordare e trasmettere questo messaggio il più lontano possibile, agendo con il racconto e la cittadinanza attiva, perché è successo e può accadere di nuovo.

Margherita Mattio, Classe 5^A IIS Arimondi Eula, Savigliano

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