Le storie di tesori scomparsi hanno sempre affascinato l’immaginario collettivo, ma quando il mistero si intreccia con la grande storia, il confine tra leggenda e realtà si fa sottile. Tra il settembre del 1943 e la fine della Seconda guerra mondiale, il patrimonio della Quarta Armata italiana attraversò vicende complesse: saccheggi, tentativi di protezione, trame oscure e infine la scomparsa di milioni di lire dell’epoca. Un enigma che tocca Cuneo, Alba e Carrù, tra ripiegamenti militari e primi fermenti della Resistenza.
Grazie al ritrovamento del memoriale inedito del generale Raffaello Operti, intendente dell’Armata, l’avvocato e storico Riccardo Rossotto ha ricostruito per la prima volta, attraverso documenti originali, la vera storia della cassa della Quarta Armata. Un’indagine tra archivi dimenticati, testimonianze sfuggenti e un finale che lascia aperti molti interrogativi. Ne è nato un libro La vera storia del tesoro della 4ª Armata. Il memoriale originale del generale Operti, che verrà presentato ad Alba martedì 25 marzo alle 18 presso la Sala Riolfo (Complesso della Maddalena). A dialogare con l'autore il professore Sergio Soave.
Il suo libro ricostruisce una vicenda poco conosciuta della Seconda guerra mondiale. Come è nato questo lavoro?
"Coltivo da sempre la passione per la storia e ho scritto diversi libri che riguardano le vicende italiane dall’armistizio del ’43 in avanti. Mi ha sempre incuriosito la leggenda del tesoro della IV Armata, una storia che ho sentito spesso nei territori coinvolti: Cuneo, dove l’armata si ritirò dalla Francia; Alba, dove si trovava parte dell’intendenza; e Carrù, dove si nascose il generale Raffaello Operti, responsabile della cassa del reparto. Nel corso del tempo si sono diffuse molte leggende su quei soldi: dove sono finiti? Chi li ha utilizzati? Alcune storie parlavano persino di Ferrero e Miroglio, con ipotesi su un loro legame con il tesoro scomparso, mai provate. Ma non avevo mai trovato il gancio giusto per approfondire… fino a un trasloco."
Un trasloco?
"Sì, trovai un libro del generale Trabucchi, appartenuto a mio nonno Riccardo Sola, avvocato antifascista. Sfogliandolo, vidi una nota a piè di pagina del capo di Stato Maggiore della IV Armata, che citava un libro scritto nel 1946 da Operti sulla storia della cassa della IV Armata. Mi si accese una lampadina: questo documento poteva contenere la verità! Così mi recai alla Biblioteca Civica di Torino per cercarlo".
E cosa successe?
"Quando chiesi il testo, vidi l’addetto agli archivi fermarsi perplesso davanti al computer. Mi disse che avrei dovuto parlare con il responsabile dell’archivio. Quando arrivò, mi chiese: ‘Riccardo, ma perché ti interessa?’ Mi resi conto che quel libro era stato dimenticato per decenni: ero il primo a richiederlo. A quel punto, lo lessi tutto d’un fiato. Dopo averlo letto andai dai responsabili di Istoreto Torino che mi misero a disposizione i faldoni della documentazione archiviata sul tema. In uno di questi trovai la copia originale battuta a macchina dal generale Operti quando dovette predisporre una memoria difensiva per giustificare il suo operato”.
Cosa emerge dal memoriale?
"Operti, che era un uomo meticoloso, annotava tutto con precisione contabile. Descriveva in dettaglio l’ammontare della cassa – che ho stimato in circa 170 milioni di euro attuali – e il modo in cui venne gestita nei mesi drammatici tra il 1943 e il 1945. Il denaro serviva per mantenere 100.000 soldati, tre pasti al giorno, in condizioni caotiche ed era stato anche originato dalle confische sul territorio francese. Operti ricostruisce passo dopo passo gli spostamenti del tesoro, i furti subiti e, infine, la restituzione del denaro alla Banca d’Italia di Cuneo con relativa ricevuta. Ma qui la vicenda prende una piega oscura".
Cosa accade al denaro?
"La somma residua – circa il 50% del totale iniziale – venne inviata alla Prefettura di Torino, e non alla Banca d’Italia di Torino, ma a quel punto i soldi scomparvero. La giustificazione ufficiale? ‘Erano franchi francesi non più convertibili, quindi carta straccia’. Una spiegazione che lascia aperti molti interrogativi".
Ci furono conseguenze per Operti?
"Sì, nell’immediato dopoguerra fu travolto da accuse di appropriazione indebita e malversazione di denaro pubblico. Nel settembre del ’45, Giorgio Bocca, ex comandante partigiano della decima Divisione di Giustizia e Libertà, lanciò una dura campagna stampa contro di lui, descrivendolo come un traditore e un ladro. Operti dovette difendersi in tribunale e, dopo anni di processi e di procedimenti amministrativi, alla fine degli Anni 60 fu assolto definitivamente. Ma la sua figura rimase avvolta nel sospetto".
Lei ha trovato molte reticenze durante la sua ricerca. È possibile che la scomparsa del tesoro sia legata ad altre vicende storiche?
"Molte persone mi hanno detto di lasciar perdere, altri hanno rifiutato di parlare con me. Il silenzio attorno a questa vicenda è ancora pesante. Il tesoro della IV Armata non è stato solo oggetto di ruberie e corruzione, ma è entrato in giochi politici ben più grandi, coinvolgendo vari attori, dalla Resistenza ai servizi segreti. Non è escluso che ci saranno ulteriori novità se continuerò le ricerche".