“L’ho seguita solo una volta mentre andava a Saluzzo. Le avevo prestato dei soldi, oltre mille euro, e le avevo chiesto se poteva iniziare a restituirmeli. Ma lei, invece che ridarmeli, andava a mangiare nei ristoranti”. Queste le parole con cui un trentenne fossanese si è difeso in aula dall’accusa di stalking nei confronti di una giovane donna che, ottenuto il risarcimento, ha deciso di rimettere la querela. Insieme a lei, costituitosi parte civile, anche un fotografo: secondo la Procura, il trentenne avrebbe creato un falso profilo Instagram a suo nome.
Tutto iniziò quando alla giovane arrivarono alcuni messaggi su whatsapp in cui il fotografo, per cui aveva posato anni prima e che non sentiva da tempo, oltre a chiederle informazioni sulla sua vita privata, la invitava a vedersi per un aperitivo. Ma il numero di telefono utilizzato dal sedicente fotografo era diversa da quello memorizzato dalla ragazza: “Quando lo contattai attraverso il vecchio numero - aveva spiegato lei - chiedendogli se fosse lui la persona con cui parlavo, mi disse di no”.
Quello, però, non sarebbe stato l’unico episodio in cui l’imputato avrebbe cercato di mettersi in contatto con la giovane attraverso falsi profili sui social, in particolare Instagram dove, spacciandosi per una donna, aveva contattato il di lei fidanzato. In un’altra occasione, come spiegato, venne contatta da un medico del 118, che la informava che un suo amico aveva avuto un incidente.
Poi, una mattina, la ragazza si ritrovò con tre pneumatici dell’auto tagliati. “Lui mi mandò una foto della macchina dicendomi che anche a lui era stata tagliata una gomma - ha spiegato in aula -. Si era poi offerto di sostituirmele gratuitamente". Da quanto emerso dal racconto della giovane donna, sembrerebbe anche che l’imputato avesse “il vizio di mandarle foto delle pistole nuove che comprava, spacciandosi per un appartenente alla Guardia di Finanza”. Quelle armi, come poi spiegato anche da un maresciallo dei carabinieri, risultarono in realtà delle “riproduzioni fedelissime”.
“Lei lo sapeva che erano finte - si è difeso l’imputato- . Le ha sempre viste quando veniva da me. Forse una volta, per rabbia, l’ho minacciata. Non ho mai scritto con il profilo del fotografo, tanto meno ho mai contatto il suo fidanzato. Il rapporto è andato in crisi perché io in quel periodo bevevo tanto e facevo anche uso di droghe. Non ero molto lucido e ci siamo separati senza più vederci e sentirci”.
Il 10 aprile, la discussione del processo.