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Attualità | 07 marzo 2025, 16:39

Crack e nifedipina, Risso: "Si rischia l'arresto cardiaco. La droga più pericolosa? L'alcol"

Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell'ospedale S. Croce e Carle e ASL CN1, spiega: "Il crack può provocare cefalee da ipertensione e vomito. Il farmaco allevia i sintomi negativi e dà l'illusione di stare bene. Ma può avere conseguenze letali"

Immagine da Wikimedia

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Non fa mai sconti, il dottor Francesco Risso, direttore del Dipartimento Interaziendale di Salute Mentale dell'ospedale S. Croce e Carle e ASL CN1, quando parla di droghe e dipendenze. 

La peggiore, lo ha sempre detto, è quella lecita, l'alcol. Se poi, un cocktail dopo l'altro, si mischia anche una canna, oppure il crack, le conseguenze possono andare dalle crisi psicotiche ai deliri fino a veri e propri disturbi mentali che, nel tempo, potrebbero cronicizzarsi. 

E' con lui che parliamo ancora una volta del farmaco trovato dalla Polizia nell'abitazione di un soggetto fermato per strada con alcune dosi di hashish e sottoposto a perquisizione domiciliare. Trecento pasticche in dodici scatole di Nifedipina, farmaco contro l'ipertensione, di uso comune ma vendibile solo con ricetta medica. "Non escludo che sia stato acquistato in rete, dove ormai si può trovare di tutto", evidenzia. 

Risso è stato contattato dal Questore di Cuneo proprio in merito a questo ritrovamento, perché la preoccupazione è elevata e il Dipartimento di salute mentale è strettamente coinvolto in questo ritrovamento, così come il Serd. 

"Questo caso di associazione tra cocaina e nifedipina è nuovo nella nostra realtà. Il crack crea crisi ipertensive con sintomi come mal di testa fortissimo e vomito a getto; per abbattere questi rischi ecco che viene associata la nifedipina, che rende più confortevole l'uso del crack e preserva dalle complicazioni indesiderate. Un fai da te pericolosissimo. La risposta al crack è molto individuale: chi sta male prende questo farmaco, una, due, tre o anche più pastiglie. Ma non sa che il rischio è l'arresto cardiaco".

Una risposta individuale, quindi. Che varia da organismo a organismo. La cosa, invece, che non varia, uguale per tutti, è la dipendenza. Quella da crack, con dosi disponibili a meno di 10 euro, è immediata. La più rapida e grave di tutte, perché arriva istantaneamente alle strutture del cervello, dando una dipendenza neurobiologica. "Passati i sintomi, vai subito a cercare altra sostanza. Abbiamo casi di dipendenza da crack in adolescenti di 15 anni. Altre sostanze, come i cannabinoidi, danno dipendenza in un tempo più lungo. Il crack no. Dà sballo, a volte abbinato a cefalea e vomito. Come contrastare questi sintomi sgradevoli? Con un farmaco contro l'ipertensione. Stai bene e, in pochissimo tempo, sei dipendente". 

Chiediamo a Risso se da questa dipendenza si possa guarire. "Certamente. Una speranza va data, ma è imprescindibile che il soggetto collabori, cosa che spesso manca. Senza l'impegno personale, non si può fare niente. Esistono dei trattamenti specifici e delle strutture. La dipendenza da sostanze è una malattia cronica recidivante. Se ci si fa curare, si possono prevenire le ricadute con trattamenti di tipo farmacologico e psicoterapico o con i gruppi di mutuo aiuto. Si tratta di interventi integrati e complessi. Da soli non se ne esce". 

Il dottor Risso fa un ragionamento anche sui cannabinoidi. "Una droga completamente diversa da quella che si usava trent'anni fa. Ora è sintetica e molto più potente. I giovanissimi che ne fanno uso non sono consapevoli dei rischi. Una volta, alla peggio, si poteva avere un attacco di panico. Adesso è così forte e alterata che slatentizza episodi piscotici violenti. A volte arrivano in pronto soccorso dei ragazzi in preda a deliri e allucinazioni, con crisi di aggressività difficili da gestire. Poi, dalle analisi, emerge che hanno fatto uso di cannabis sintetica, diffusissima tra gli adolescenti". 

E poi c'è l'alcol, "la droga più diffusa. E' lecita, ma terribile, la maggior causa di disturbi mentali. Provoca depressione, ansia, disturbi del sonno e della sfera psicotica, soprattutto nell'uso continuativo". 

Ma come si può cercare di intervenire, come genitori o come educatori? Per Risso il dialogo, l'educazione e la presentazione dei rischi restano fondamentali. "Ci sono ragazzi giovanissimi che fanno uso di cannabis nella più totale inconsapevolezza dei genitori. La trovano fuori da scuola, nella cerchia di amicizie. Bisogna dialogare con i propri figli e con i ragazzi, cercare di far capire che l'uso di sostanze è pervasivo, soprattutto tra i soggetti più vulnerabili. Una volta può bastare per diventare dipendenti. Si rischiano disturbi mentali permanenti e, con questi nuovi mix, anche la morte". 

Barbara Simonelli

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