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Attualità | 02 marzo 2025, 08:18

Qualcuno ha detto bugie? Ecco servita la storia del dolce tipico di Carnevale

Bugie, ma anche chiacchiere, frappe, galani, cenci, meraviglias, la dolcezza è la stessa

Qualcuno ha detto bugie? Ecco servita la storia del dolce tipico di Carnevale

A Carnevale ogni dolce vale. Se non sapete da dove cominciare, partite da un grande classico, le bugie.

Le radici di questa specialità ci riportano alle frictilia dell’Impero Romano. L’impasto, fatto di farina, uova, tagliato a strisce e fritto con strutto, era un dolce tipicamente invernale (visto l’apporto calorico) e veniva preparato in occasione di feste pagane come i Baccanali o Saturnali, antesignani del Carnevale.

Ogni ricetta che si rispetti ha ovviamente le sue leggende. La più nota riguarda la Regina Margherita di Savoia, colei che ci ha regalato la pizza. Si narra che un giorno, spinta dal languorino, nel bel mezzo di una lunga conversazione a corte, chiese al cuoco di preparare qualcosa di dolce e sfizioso. Insomma, tra una chiacchiera e l’altra, ecco che nacquero i dolci che tutti conosciamo.

Senza la pretesa di sostituirci alle nonne d'Italia, ecco qui la notissima ricetta: 300 grammi di farina, 50 di zucchero e 50 di burro, 2 uova, la scorza di un limone grattugiato, un pizzico di sale e 2 cucchiai di un liquore a vostra scelta fra vinsanto, grappa, Sambuca o Brandy. Il procedimento è molto semplice: mescolate tutti gli ingredienti creando un impasto che sia elastico e senza grumi, poi fatelo riposare una mezz'ora. Quindi, con il mattarello stendetelo fino a fargli raggiungere uno spessore di circa 2 millimetri. Con una rotella tagliatelo a strisce rettangolari lunghe e strette. Infine, non resta altro che tuffarle nell’olio bollente e spolverarle di zucchero a velo appena si saranno un po’ raffreddate.

Un tempo le bugie di Carnevale venivano fritte nello strutto: oggi il grasso animale è stato, nella maggior parte dei casi, sostituito da un più leggero olio di semi. Chi è particolarmente attento alla salute e alla linea può decidere anche di optare per una cottura al forno, ma il risultato, lo sapevano anche gli antichi Romani, non sarà mai lo stesso.

Se in Piemonte restiamo fedeli al nome di bugie, nel Lazio e in buona parte del Centro Italia vengono chiamate frappe, mentre in Toscana diventano cenci, termine che richiama la loro forma sottile e leggera. Spostandosi verso il Veneto, si trasformano in galani, un nome che evoca l’eleganza e la leggerezza di questi dolci friabili. In Emilia-Romagna e nelle Marche si parla di sfrappole, mentre in Sardegna prendono il nome di meraviglias, un termine che già preannuncia il loro sapore irresistibile. In Lombardia, invece, sono note come chiacchiere, un nome diffuso anche in altre regioni come Basilicata, Campania, Puglia, Calabria e che sembra raccontare il loro ruolo di protagoniste nelle tavolate allegre e chiassose del Carnevale.

Ogni nome racchiude una storia e una tradizione, ma ciò che accomuna tutte queste varianti è la loro bontà senza tempo, capace di regalare un momento di dolcezza e festa a ogni morso!

Silvia Gullino

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