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Un Occhio sul Mondo | 01 marzo 2025, 09:00

'L'Europa va alla guerra ma i conti non tornano'

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

'L'Europa va alla guerra ma i conti non tornano'

Quanto sta succedendo in questi giorni nella gestione della crisi Russo-Ucraina, sotto la regia del neo Presidente degli Stati Uniti, sembra voler relegare ad un ruolo di secondo piano l'Europa, che potrebbe dover subire decisioni che non erano neanche immaginabili sino a pochi mesi fa.

In particolare, il Vecchio Continente sembra essere destinato a dover incrementare decisamente la propria autonomia nel settore della Difesa, ovviamente non solo sotto l'aspetto operativo, ma anche in termini di produzione delle risorse.

E allora c'è da chiedersi quale sia lo stato di salute, sotto l'aspetto sia finanziario che industriale, di questo sensibile comparto, che dovrebbe contribuire a questo processo di affrancamento dell'Unione Europea, soprattutto dall'alleato americano, con il quale sembra si debbano ridisegnare gli equilibri.

Nel triennio tra il 2021 e il 2024, la spesa totale degli Stati membri dell'Unione Europea nel settore della difesa ha registrato un incremento record, rispetto al passato, di oltre il 30%, raggiungendo nel 2024 una quota, per ora ancora stimata ma con ottima approssimazione, di circa 326 miliardi di Euro complessivi, pari a circa l'1,9% del PIL dell'Unione, che dovrebbe raggiungere il 2,04% nel 2025.

Nel 2023, gli investimenti nel settore della Difesa sono aumentati del 17% rispetto all'anno precedente, per un importo eccezionale di 72 miliardi di Euro, mentre nel 2024 hanno superato i 100 miliardi.

Inoltre, sull'onda del solo '”effetto Ucraina”, le proiezioni di spesa nel settore prevedono già da tempo un aumento di ulteriori 100 miliardi di Euro entro il prossimo biennio, che potrebbero aumentare ancora, in relazione alle dichiarazioni trumpiane degli ultimi giorni.

Volendo dettagliare maggiormente questi investimenti, emerge che nel 2023 circa 61 miliardi di Euro, pari all'80% dei citati 71 miliardi, sono stati destinati all'appalto di nuovi prodotti militari, segnando un 22% in più rispetto all'anno precedente. L'incremento si è ulteriormente confermato nel 2024, con 90 miliardi impegnati in acquisizioni di nuovi equipaggiamenti e armamenti.

Per quanto riguarda il settore della ricerca e sviluppo, intendendo come tale tutto il processo, dalla progettazione alla produzione in serie, la spesa europea ha raggiunto gli 11 miliardi di Euro nel 2023 (+ 6%) e i 13 miliardi nel 2024.

Questa inedita sensibilità dell'establishment politico verso la Difesa, ha portato anche la stessa Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen a volere fortemente l'istituzione di un Commissario europeo per la Difesa e lo Spazio, ricoperto dal 1 dicembre 2024 dal politico lituano Andrius Kubilius, con compiti di supervisione del Fondo Europeo per la Difesa, di gestione dei programmi Galileo (navigazione satellitare) e Iris e Copernicus (osservazione terrestre) e di gestione delle politiche di sicurezza interna, delle infrastrutture e dei fondi per la ricerca e lo sviluppo. Una sorta di supermanager della Difesa europea che, dovendo assolvere anche funzioni di coordinamento tra gli impegni nazionali, dovrebbe avere l'obbligo di possedere specifiche competenze e profonda expertise nel settore. Prerogative che Kubilius, per quanto artefice dell'indipendenza della Lituania e poi suo Primo Ministro, non è detto che detenga in quanto, di professione, era un Professore ordinario di Fisica.

Comunque, le parole d'ordine che aleggiano in ambito UE sono coordinamento e cooperazione nell'ambito industriale, due concetti assolutamente importanti e determinanti, soprattutto in un momento storico come questo, in cui l'Europa è sempre più sollecitata (eufemismo) a “cavarsela da sola” (JD Vance). Ma non sono obiettivi facilmente conseguibili perchè, a monte, si dovrebbe perseguire tenacemente una rigorosa standardizzazione degli arsenali dei Paesi membri. In pratica, stessi armamenti, equipaggiamenti e materiali, prodotti nell'ambito di cooperazioni dell'industria europea della difesa.

Un teorema tanto semplice da pronunciare e da dimostrare, quanto complicato da applicare perchè, sinora, i governi europei (27!) di qualsiasi Nazione e colore politico hanno sempre privilegiato gli interessi economici delle rispettive realtà produttive. rispetto all'efficienza delle proprie Forze militari. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

L'Unione Europea ha cercato di ovviare a questo grosso problema, che riguarda anche altri settori produttivi, ma che è più radicato in un comparto che ha una valenza strategica ed un rigido vincolo di tutela tecnologica, attivando il cosiddetto QFP - Quadro Finanziario Pluriennale, per il periodo 2021-27, stanziando circa 16 miliardi di Euro, finalizzato soprattutto ad accrescere la capacità di produzione industriale, attraverso appalti comuni e comunitari.

Quanto sopra dovrebbe trovare rinforzo anche nella nuova iniziativa legislativa, consistente nel Programma per l'Industria Europea della difesa, avviata nel 2023, quando già si viveva in un clima di emergenza, ma tuttora ancora in fase di esame del Consiglio dell'UE e del Parlamento europeo. Qualora questi organi europei si risvegliassero dal loro irresponsabile torpore, questo provvedimento potrebbe mobilitare ulteriori fondi aggiuntivi a titolo del bilancio dell'UE per il biennio 2025-2027.

Per quanto riguarda l'Industria europea della Difesa, nel 2023 ha generato un fatturato di 158,8 miliardi di Euro, con un aumento del 16,9% rispetto all'anno precedente. Questa notevole crescita ha riguardato tutti i settori chiave, navale, terrestre e aeronautico, con rispettivi incrementi del 15,8%, 17,7% e 17,9%. Sono cresciute anche le esportazioni che, nel 2023, hanno superato i 57 miliardi di euro, con un incremento del 12,6%.

Tutto questo ha generato, sempre nel 2023, anche il sensibile aumento di quasi il 9% dell'occupazione. Dei 581,000 lavoratori assunti, ben 217.000 hanno riguardato il settore aeronautico, segno che questo comparto costituisce un fattore trainante per terrestre e navale.

Risulta ovvio pensare che tutte queste positività dipendono dal fatto che anche il settore della produzione bellica è strettamente soggetto al “rapporto domanda-offerta”, per cui sia la situazione internazionale contingente che la conseguente disponibilità di budget governativi in espansione costituiscono potenti fattori incrementali.

Tuttavia, deve essere sottolineato che le stesse sopracitate prerogative hanno contestualmente ridotto drasticamente il fattore “tempo”, in quanto le esigenze hanno assunto carattere di assoluta emergenza, dovuta sia all'obbligo di fronteggiare tempestivamente eventuali nuove minacce sia di sanare un'inerzia dannosissima, che ha sinora caratterizzato tutto il Comparto Difesa europeo negli ultimi decenni.

Appare quindi chiarissimo che sembra essere ormai giunto il momento che l'Europa dimostri di volere realmente e di essere in grado concretamente di agire per garantire il proprio futuro, che non si costruisce solo con le parole (che scorrono a fiumi) e che, piaccia o no, passa attraverso un riarmamento serio, razionale e strutturato, che possa risanare una situazione a dir poco deficitaria e molto rischiosa.

A titolo di esempio per far meglio intendere in che acque navighiamo, si cita quanto successo pochi giorni fa alla Marina Militare tedesca, con una sua fregata, da poco impiegata nel Mar Rosso, nell'operazione UE “Aspides” contro gli Houti, a protezione delle navi europee e israeliane.

La sera del 26 febbraio scorso, dopo aver inquadrato con i suoi radar un drone ad alta quota e constatato che non rispondeva ai segnali di riconoscimento, l'unità tedesca cercava di intercettarlo con il lancio di due missili i quali, però, non funzionavano a dovere, per cui non colpivano l'obiettivo. Tuttavia, questa palese inefficienza si rivelava provvidenziale perché il drone veniva successivamente identificato in un Reaper americano, in missione autonoma verso lo Yemen. Già il fatto che due missili hanno fallito nel loro impiego operativo ha costituito motivo di grande preoccupazione per la Difesa tedesca ma, come se non bastasse, al momento in cui si è dovuto procedere al loro ripianamento nella dotazione della nave, è emerso un problema, se possibile, ancora peggiore, perché é stato appurato che questo armamento è disponibile solo nel numero sufficiente ad equipaggiare le unità che ne sono dotate e non è più in produzione, per cui la fregata in questione potrà essere rifornita solo a discapito delle unità gemelle, sino ad esaurimento. 

Ma non si tratta di una situazione che si riferisce solo a questo tipo di missile, perché la carenza di munizionamento riguarda molti sistemi d'arma, non soltanto della Marina Militare e non soltanto delle Forze Armate tedesche, perché anche altre Nazioni europee, compresa la nostra, versano nelle stesse problematiche condizioni.

Per quanto riguarda l'Italia, che già prima della guerra russo-ucraina non brillava per ridondanza di materiali, armamenti e munizioni, attualmente non è chiaro l'impatto che il suo sostegno a Kiev sta determinando sui suoi arsenali. Infatti, il Governo mantiene un certo riserbo sull'entità di questi aiuti che, al momento, viene stimata essere di valore di circa 2 miliardi e mezzo di euro. All'Ucraina sono stati ceduti sistemi d'arma datati, per quanto efficienti, ma anche armamenti e munizionamento di ultima generazione e di notevole rilevanza per la sicurezza e la difesa del nostro Paese, il cui ripianamento non è semplice, perché non immediato e di un certo spessore finanziario.

Pertanto, il serio rischio per l'Europa è quello di compromettere quella poca credibilità di cui, forse, gode ancora nel panorama internazionale, già scettico nei suoi confronti per le limitatissime performance che ha fornito nel conflitto tra Russia e Ucraina.

E in un contesto così deficitario e difficilmente migliorabile, sembra essere fuori luogo l'ostinazione con cui la Comunità europea persegue la via bellicista nella soluzione della guerra, piuttosto che imboccare quella di una diplomazia determinata e convinta, che sarebbe decisamente più opportuna e consona alle sue capacità belliche.

Marcello Bellacicco

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