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Cronaca | 27 febbraio 2025, 14:19

Spaccò il parabrezza dell’auto all'ex collega. La vittima: "Mi doveva dei soldi. Ero andato da lui per riaverli"

Nove mesi di reclusione la condanna per il danneggiamento. Dietro quel gesto un litigio per la mancata restituzione di un prestito 

Una vicenda che arriva dal Monregalese. Il giudice ha disposto anche mille euro di risarcimento in favore del proprietario dell'auto

Una vicenda che arriva dal Monregalese. Il giudice ha disposto anche mille euro di risarcimento in favore del proprietario dell'auto

Era stato denunciato da un ex collega per avergli spaccato il parabrezza dell’auto.

Ma dietro quel gesto, che in tribunale a Cuneo ha portato alla condanna dell’autore a 9 mesi di reclusione, oltre al risarcimento di mille euro, c’era l’ombra di un debito.
 

A spiegarlo in aula, dove G.E., residente a Mondovì, è stato chiamato a rispondere di danneggiamento, era stata la vittima, D.E,  45enne di origini nigeriane, costituitosi parte civile: “Prendevo lo stipendio qualche giorno prima di lui - aveva spiegato- e per qualche mese mi chiese se gli anticipavo 100 o 200 euro e io glieli davo. Fino poi ad arrivare a 980 euro”. 
 

Ma poi, al momento della restituzione, G.E. sparì dalla circolazione, diventando irraggiungibile sia al lavoro che al cellulare: “Accadde che morì mia madre - ha continuato D.E. - e dovevo mandare soldi al mio Paese. Così andai a casa sua per averne almeno una parte, ma trovai il fratello che mi minacciò di morte se fossi tornato a cercarlo”. 
 

Dopo qualche giorno, poi, D.E. si ripresentò alla porta dell’imputato che questa volta si trovava in casa: “Non mi ascoltava e continuava a parlare al cellulare - ha riferito -. Allora glielo presi dalle mani e lui chiamò il fratello. Io scappai in auto e lo vidi alzare il braccio. Non so se avesse qualcosa in mano ma colpì il parabrezza della mia auto e lo spaccò”. 
 

Poi, di corsa, D.E. intenzionato ad andare in caserma per denunciare quanto accaduto, incrociò i Carabinieri che stavano andando verso casa di G.E.: era stato proprio lui a chiamarli. “L’imputato ci raccontò della lite per il debito non saldato - ha spiegato un militare in aula -. Disse anche di essere stato spinto a terra e ci mostrò delle escoriazioni sulla gamba e la mano destra sanguinante, accusava l’altro uomo di avergli preso il telefono”. 

D.E, dal canto suo, spiegò ai Carabinieri che cosa era successo e restituì il cellulare: “Lo avevo preso solo per costringerlo a ridarmi almeno una parte dei soldi - ha ammesso -. La ferita alla mano ce l’aveva perché aveva sferrato un pugno sul parabrezza”.

CharB.

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