Il 16 febbraio, presso il Teatro Civico di Busca, si è svolto l’evento “Carità Contaminata”, un momento di confronto e approfondimento sul valore della carità nella società contemporanea. Un tema di grande attualità, tanto più un contesto sociale sempre più individualista.
A offrire spunti di riflessione sono stati quattro ospiti d’eccezione, testimoni diretti di esperienze legate alla solidarietà e all’accoglienza: il regista Dario Leone, direttore artistico del Migranti Film Festival; Alberto Valmaggia, garante dei detenuti del carcere di Cuneo; Daniele Ballarin, missionario dell’Arsenale della Pace di Torino; e don Nicholas Muthoka, parroco dell’Unità Pastorale di Barriera di Milano, un quartiere torinese caratterizzato da una forte presenza migratoria.
L’incontro si è aperto con la proiezione del cortometraggio Bunkers, della regista Anne-Claire Dette, introdotto da Dario Leone. Il film documenta la difficile realtà di alcuni migranti in Svizzera, costretti a vivere in rifugi sotterranei, senza accesso alla luce del sole. Un’immagine forte, che ha suscitato una riflessione immediata: come può una società moderna tollerare condizioni di vita simili?
Alberto Valmaggia ha poi messo a confronto questa situazione con quella dei detenuti nelle carceri italiane, dove, paradossalmente, l’accesso agli spazi aperti è più garantito rispetto a quello di chi si trova nei bunker svizzeri in attesa di asilo. Un confronto che ha evidenziato le contraddizioni delle politiche di accoglienza e dei diritti umani.
A seguire, Daniele Ballarin ha raccontato la sua esperienza all’Arsenale della Pace, un luogo nato dalla riconversione di un’ex fabbrica di armi, oggi trasformato in una realtà che accoglie giovani, migranti e persone in difficoltà. Qui la solidarietà prende forma attraverso scuole di lingua, laboratori artigianali, spazi verdi e percorsi di condivisione. Ballarin ha sottolineato come la carità non sia soltanto un gesto di aiuto materiale, ma un vero e proprio atto di condivisione partecipata, in cui il donare non è mai unilaterale, ma arricchisce anche chi lo pratica.
Il concetto di carità come legame umano è stato ripreso anche da don Nicholas Muthoka, che ha raccontato la sua esperienza pastorale a Barriera di Milano, un quartiere complesso di Torino. Per il sacerdote, l’aiuto concreto – come un pacco alimentare o un riparo – è solo una parte della carità: ciò che realmente fa la differenza è la presenza, l’ascolto, la vicinanza sincera di qualcuno che si prende cura dell’altro. "La carità non cambia solo chi la riceve, ma anche chi la offre", ha sottolineato.
Durante la serata si è parlato anche del fenomeno migratorio da una prospettiva storica, ricordando come, nell’Ottocento, fossero le donne italiane a emigrare in Romania per lavorare come badanti, mentre oggi la situazione si è invertita. Un altro tema affrontato è stato quello del reinserimento sociale dei detenuti, possibile attraverso attività lavorative che permettano loro di ricostruire un ruolo nella comunità, come la cura del verde pubblico o il coinvolgimento in progetti edilizi.
La serata si è conclusa con un omaggio alle suore di Santa Giovanna Antida Thouret, che per 150 anni hanno dedicato la loro opera all’orfanotrofio, all’ospizio, all’asilo e all’ospedale civile di Busca, lasciando un segno indelebile nella comunità.
L’evento ha offerto un’importante occasione per riflettere su come la carità possa e debba essere vissuta nella quotidianità, non come un atto di assistenza sporadico, ma come un percorso di crescita condivisa, capace di cambiare davvero la vita delle persone e della società nel suo complesso.