La tesi “Sanguinamento gastroenterico in pazienti in trattamento anticoagulante e antiaggregante: presentazione, trattamento e prognosi”, discussa dalla dottoressa Irene Ruocco che ha trascorso 5 anni di specializzazione nella Medicina Interna di Cuneo, ha ottenuto, a Le Molinette di Torino, il massimo dei voti con dignità di stampa. Lo studio costituisce una delle casistiche più grandi d’Europa. Ha, infatti, analizzato 687 pazienti con sanguinamenti gastrointestinali non da varici esofagee ricoverati nell’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle dal 2021 al 2024.
Originaria di Brescia, Irene Ruocco che, dopo la specializzazione è entrata a far parte dell’organico del nosocomio cuneese come dirigente medico, racconta: “Qui ho trovato professionalità e possibilità di crescita, ma anche un ambiente molto accogliente e attento dal punto di vista umano”.
Correlatore della tesi è stato il professor Luigi Fenoglio che, dato che il S. Croce e Carle è sede di formazione dell’Università di Torino, l’ha seguita, insieme ai colleghi Chiara Brignone, Christian Bracco e Remo Melchio, nei 5 anni di specializzazione. “Nello studio – spiega il professor Luigi Fenoglio -, i pazienti sono stati divisi in 4 gruppi in base al tipo di farmaco assunto: uno in terapia antiaggregante, uno in terapia anticoagulante, uno sia in terapia antiaggregante che anticoagulante e uno senza trattamento antitrombotico. La mortalità maggiore (19% a 30 giorni) è stata riscontrata nei pazienti trattati con anticoagulati con emorragie del tratto gastrointestinale superiore. Le variabili associate alla mortalità a 30 giorni, nelle emorragie digestive superiori, erano: età, insufficienza renale, indice di comorbidità complessiva e presenza di un tumore, oltre alla frequenza cardiaca e la presenza di sangue vivo all'endoscopia, surrogati di gravità del sanguinamento acuto”.
“In un momento in cui è particolarmente complicato attrarre nuovi medici, soprattutto in alcune specialità – ha sottolineato il direttore generale, Livio Tranchida –, la nostra realtà continua a essere scelta dalle nuove leve. Un’attrattività confermata dal fatto che, anche nelle specialitàcome le Medicine Interne e d’Urgenza in cui la carenza di professionisti è più impattante, siamo una delle poche realtà italiane a non avere ‘gettonisti’. Essere ospedale d’insegnamento ci consente, inoltre, di trasferire il nostro sistema valoriale ai giovani che, alla fine della loro formazione, decidono di fermarsi a lavorare e vivere qui”.