In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti» (Lc 6,17.20-26).
Oggi, 16 febbraio, la Chiesa giunge alla VI domenica del Tempo Ordinario (Anno C, colore liturgico verde). A commentare il Vangelo della Santa Messa sono le Sorelle Clarisse di Bra.
Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella loro riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.
Eccolo, il commento.
Come nel Vangelo di Matteo, anche in quello di Luca il primo discorso di Gesù inizia con le beatitudini e terminerà con la parabola della casa costruita sulla roccia dall’uomo saggio, o sulla sabbia dall’uomo stolto.
Nel Vangelo secondo Luca il discorso è molto più breve, perché evita i riferimenti alla legge divina e agli scritti dei profeti, essendo scritto per cristiani di origine pagana. Delle beatitudini, che nel Vangelo secondo Matteo sono otto, Luca ne riporta solo quattro, e anche queste in una forma semplificata: non parla di poveri in spirito, ma semplicemente di poveri; come sembra che ad avere fame siano solo quelli che mancano di cibo. Luca però, a differenza di Matteo, alle beatitudini contrappone i guai corrispondenti: ai poveri i ricchi; a quelli che hanno fame, i sazi; a quelli che piangono, quelli che ridono; a quelli che sono perseguitati a causa di Gesù, quelli che sono esaltati dagli uomini, con un esito finale, per i secondi, opposto alla promessa rivelata ai primi.
Come non pensare alla parabola del povero Lazzaro e del ricco epulone? Povero, affamato, nell’afflizione il primo riceve pienezza di gioia e di vita in paradiso. Ricco, sazio e gaudente il secondo si ritrova nei tormenti, lontano da Dio.
Ma la cosa più interessante è che beatitudini e guai non sono rivolti a due gruppi distinti di persone. Gesù sta parlando ai suoi discepoli, promessa e avvertimento sono per loro, per noi oggi.
Tutti cerchiamo la felicità nella vita, una felicità che non abbia fine, la differenza sta nel dove e come la cerchiamo. Una soddisfazione facile e veloce delle passioni che ci abitano, usando cose e persone anche in modo apparentemente lecito, ma orientato solo alla ricerca e al mantenimento del proprio benessere, mai soddisfatto, e indifferente o cieco a quello degli altri, porta in realtà al fallimento. Il rischio grosso è dimenticarsi che tutto quello che abbiamo è dono ricevuto, da godere con gratitudine, condividendolo con altri che ne sono privi. A fare la differenza non è quello che ho o che non ho, ma in chi pongo la mia fiducia, a chi mi affido: nell’uomo, nella sua forza e intraprendenza - che si tratti di me stesso o di qualcun altro - o in Dio che è Padre e si prende cura di tutti i suoi figli? Allora, forse, può diventare una grazia quando la vita ci prova e ci mette di fronte alla nostra reale povertà e debolezza. È l’occasione di alzare lo sguardo verso Colui che ci ama veramente e desidera e può donarci la felicità vera, che non viene mai meno.