Non ci fu truffa e le contestazioni di infedeltà patrimoniali sono prescritte.
È stata questa la sentenza pronunciata dei giudici di Cuneo sulla vicenda giudiziaria che ha visto sotto accusa la cooperativa Valentina di Caraglio, che si occupa di fornire servizi ad anziani e disabili.
Accusati nel procedimento e chiamati a rispondere a vario titolo, l’amministratore unico della società P.G. e le consigliere R.R. e C.S. Agli imputati la Procura contestava di aver stipulato con l’Asl Cn1 e con il Consorzio socio assistenziale del Cuneese, nel febbraio 2017, un contratto per il biennio 2017/2018 (poi rinnovato per i due anni successivi) per la gestione della cooperativa sociale, attestando - secondo l'accusa, falsamente - di aver impiegato il personale necessario per più ore lavorative di quante effettivamente svolte, fatturando dunque un ingiusto profitto di circa 107mila euro di cui 72mila euro all’Asl e 34mila al Consorzio Socio assistenziale del Cuneese.
A P.G., che nel 2016-2018 rivestiva il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione, così come a R.R., si contestava l’infedeltà patrimoniale in concorso: i due, convocando un’assemblea ma escludendo un socio, avrebbero deliberato la stipula di un contratto d’affitto con una s.r.l. riconducibile proprio a P.G.
A denunciare le contestate violazioni era stato un ex socio escluso (parte civile nel procedimento): la Procura aveva sostenuto che la decisione dei due imputati P.G. e R.R. di precludere la partecipazione alla parte civile sarebbe stata finalizzata proprio alla stipula di quel contratto di affitto. In fase di udienza preliminare, si erano costituiti parte civili anche l'Asl Cn1 e il Consorzio Socio assistenziale del Cuneese.
Le accuse di truffa, per cui il pubblico ministero, in sede di requisitoria, aveva chiesto la condanna degli imputati, sono cadute in un nulla di fatto. Assolti con formula piena.
Quanto invece alle infedeltà patrimoniali, alcune contestazioni sono state prescritte, mentre un caso è risultato improcedibile per presentazione tardiva della querela: “Sono state pagate ore che non avrebbero potuto essere effettuate - aveva riepilogato il pm - sulla base della forza lavoro e del tempo”.
Su questo aspetto, la difesa aveva invece evidenziato come il punto della questione fosse la corretta definizione di "ore individualizzanti": “Tanti ospiti affetti da maggiore disabilità - aveva affermato il legale- necessitavano di prestazioni maggiori rispetto all'ordinario. Ma non è possibile farne un’esatta quantificazione perché dipendeva dal giorno o dalla situazione. Proprio per questo, la commissione verificava il progetto e non le ore nei singoli giorni”. Pertanto, aveva concluso il legale, “sarebbe strano che questa macroscopica truffa da 100mila euro fosse sempre sfuggita agli organi dell’Asl. Sottolineo che, nel periodo in contestazione, abbiamo avuto due ispezioni dalla commissione di vigilanza”. Se truffa ci fosse stata, questa sarebbe emersa.