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Agricoltura | 05 febbraio 2025, 20:08

Crisi del miele e delle api in Piemonte: il settore apistico chiede maggiore tutela e controlli

Al cambiamento climatico si aggiunge il problema dell’invasione sul mercato di prodotto estero. Il trend negativo nella nostra regione è iniziato già 12 anni fa, evidenziato in modo particolare dai raccolti di qualità acacia e melata, divenuti ormai una rarità.

Crisi del miele e delle api in Piemonte: il settore apistico chiede maggiore tutela e controlli

L’apicoltura piemontese vive da alcuni anni una crisi causata dalle avversità climatiche, dall’uso eccessivo e a volte scorretto dei prodotti fitosanitari e dalla perdita di piante utili agli insetti impollinatori.

La situazione climatica in Piemonte è negativa: periodi di siccità estrema si alternano a periodi di pioggia prolungata, temperature estive molto elevate, ritorni di freddo e gelate tardive in marzo e aprile che danneggiano le fioriture utili alle api. Gli inverni, ormai eccessivamente miti, causano un anticipo delle fioriture e le gelate conseguenti sono sempre più frequenti e dannose. 

Le api, sia domestiche che selvatiche, subiscono l’impatto dei mancati raccolti di miele dal punto di vista nutrizionale. Gli apicoltori, oltre al mancato o ridotto raccolto del miele, sono costretti a subire costi maggiori per la nutrizione di sopravvivenza degli alveari, aumentati del 62% dal 2021. 

I prezzi del carburante, senza alcuna agevolazione per il settore apistico, sono da alcuni anni una voce di spesa molto importante per movimentare le api sui diversi raccolti (nomadismo). 

Le medie produttive di miele nella nostra regione calano in modo importante: il trend negativo è iniziato già 12 anni fa, evidenziato in modo particolare dai raccolti di miele di acacia e melata, divenuti ormai una rarità. 

Il cambiamento climatico sta agevolando un altro problema per le api e tutti gli insetti impollinatori selvatici: il predatore Vespa velutina o calabrone asiatico, presente maggiormente in provincia di Cuneo, specialmente in Val Tanaro, è in espansione e desta preoccupazione. 

Negli ultimi anni, a queste criticità del settore apistico, si aggiunge il problema dell’invasione sul mercato di miele estero. 

Le cause sono essenzialmente due: la riduzione dei raccolti di miele in Italia e l’ingresso di miele estero soprattutto da Asia e Sud America, che all’origine costa pochissimo. Secondo una recente indagine nazionale, il costo di produzione del prodotto italiano può valere fino a 10 euro al kg. 

Nel 2021, i principali fornitori di miele sono stati l’Ucraina (che copre oltre il 30% delle importazioni dell’EU) e la Cina (con quasi il 28% delle importazioni dell’EU). I prezzi medi per il miele importato in Europa mostrano valori troppo competitivi e sleali, inferiori a 2 euro per Ucraina (1,89 euro/kg) e Cina (1,36 euro/kg). Recentemente, anche paesi come India e Vietnam adottano le tecnologie di adulterazione del miele andandolo a commercializzare anche in UE. L’aumento delle importazioni dall'Ucraina è dovuto principalmente dell'eliminazione dei dazi per via della guerra tra Ucraina e Russia. Nel 2022, l'Ucraina ha esportato oltre 46 mila tonnellate di miele verso l’UE, la quale produce appena il 60% del suo fabbisogno.

Inoltre, a seguito dell'accordo con il Mercosur tra UE e America Latina (Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Equador, Uruguay, Perù e Paraguay), che mira alla riduzione delle tariffe sull'export in entrambi i mercati tramite liberizzazione dei dazi, nel nostro paese entrerà sempre più miele estero, in particolare dall’Argentina. Il miele diventerà quindi nettamente competitivo sul mercato europeo, danneggiando i nostri produttori, considerando anche che le modalità produttive e i controlli in Sud America sono meno stringenti. 

Secondo analisi condotte in UE tra il 2021 e il 2022 su 320 lotti di miele, importati da 20 paesi, ben 147, pari al 46%, sono risultati adulterati dall’aggiunta di sostanze come sciroppi di zucchero a basso costo. I maggiori sospetti giungono dal miele proveniente da Cina e Turchia. Si tratta di numeri in aumento rispetto a quelli del periodo 2015-2017, con adulterazione del 14% dei mieli, che rispecchiano le maggiori importazioni di miele a basso costo attuali.

Con la produzione molto limitata di miele in Italia, che nel 2024 si attesta sulle 22000 tonnellate, aumenta ancora l’import di miele estero. L’Italia, nel 2024, ha importato 18000 tonnellate di miele dall’estero, in aumento del 16% rispetto al 2023. La quasi totalità di questo, 13000 tonnellate, proviene dall’Europa (in primis Ungheria e Romania). Il miele importato dai paesi extra UE proviene soprattutto da Cina, Ucraina e Moldavia, per un totale di 5000 tonnellate. 

La recente direttiva Breakfast (colazione), Direttiva UE 2024/1438, obbligherà a segnalare in etichetta le origini e le relative percentuali del miele nelle miscele in ordine decrescente. Questo dovrebbe aiutare il consumatore a conoscere in modo preciso la provenienza del miele che acquista per poter scegliere il prodotto locale. 

Di positivo, va segnalato che le esportazioni di miele italiano sono in aumento verso Irlanda e Regno Unito e il consumo pro capite in Italia è in leggero aumento. 

Aspromiele, l’Associazione dei produttori apistici del Piemonte, denuncia le attuali criticità e chiede interventi urgenti. Il Piemonte conta 7 mila apicoltori ed è la prima regione italiana per numero di alveari, circa 220 mila.

La richiesta del settore apistico è una tutela maggiore sul mercato, garantita da controlli per identificare i mieli adulterati provenienti dall’estero. I mieli venduti ad un prezzo troppo basso non possono essere che adulterati, ma gli attuali metodi di controllo, sono scarsi e spesso non sono in grado di dimostrarlo. I metodi di adulterazione, in sostanza, sono talmente sofisticati che il mercato europeo viene invaso da un finto miele. Nella classifica dei 10 alimenti più adulterati, il miele si colloca al terzo posto, dopo olio di oliva e latte.

Si invita il consumatore ad acquistare il miele italiano, la cui origine è facilmente leggibile sull’etichetta. L’Italia può vantare più di 60 mieli monofloreali diversi e il Piemonte è caratterizzato da produzioni di miele come acacia, castagno, ciliegio, tarassaco, tiglio, rododendro e melata senza dimenticare l’immensa varietà di millefiori piemontesi raccolti dalla pianura fino all’alta montagna. Da evidenziare come la cristallizzazione del miele (solidificazione nel tempo) sia un suo naturale processo e non un sintomo di adulterazione (vedi per esempio il miele di tarassaco, tiglio e molti mieli millefiori). 

Le aziende associate ad Aspromiele sono anche presenti e contattabili sul sito www.aspromaps.aspromiele.it

Il settore apistico italiano necessita di tutela perché alleva un insetto che ha una grande rilevanza ambientale ed economica e il consumatore ha il diritto di poter scegliere un prodotto di qualità.

redazione

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