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Cronaca | 03 febbraio 2025, 19:33

Uno sparo lo colpì mentre era al volante: fu la vendetta per un tradimento? Ventinovenne a processo per tentato omicidio

Il colpo venne esploso dal conducente di un furgone che affiancò la sua Ford in una strada di Manta. La vittima: "Mi fece giurare in chiesa che non avevo rapporti con la sua fidanzata. Ma non so chi ci fosse alla guida"

L'immagine dell'incidente

L'immagine dell'incidente

Non sarebbe stato un normale incidente stradale quello avvenuto il 4 ottobre 2023 in via Gerbola a Manta, ma un tentato omicidio. 
Quella mattina, I.L., un ventottenne di origini albanesi, si stava dirigendo a bordo di una Ford verso il cantiere di Centallo dove lavorava come muratore. A un certo punto la sua auto venne però affiancata da un furgone, il cui conducente esplose nella sua direzione un colpo di pistola che colpì il ragazzo sotto l’ascella sinistra. 
Il manovale finì fuori strada e, all’arrivo dei soccorsi, venne trasportato in ospedale per accertamenti. I medici, nel corso della visita, si resero conto che quella lesione derivava dal colpo di un’arma da fuoco: “Il proiettile è ancora lì – ha riferito I.J., in tribunale – sto aspettando un nuovo intervento per estrarlo”. 
 

Le indagini condotte dai Carabinieri e la prima ricostruzione fornita dalla vittima portarono a individuare chi, verosimilmente, fece partire il colpo: A.J., un ventinovenne albanese ora accusato in tribunale a Cuneo di tentato omicidio e possesso illegale di armi. Assieme a lui, c'è un altro imputato D.A., un cittadino italiano. 

Il movente del gesto, sarebbe di tipo passionale, forse per vendicare un tradimento che però non si sarebbe mai consumato. Stando a quanto emerso in aula, sembrerebbe infatti che A.J. fosse geloso della sua fidanzata e che sospettasse che lei avesse intrattenuto con I.L. qualcosa di più di un’amicizia. Dopo il suo arresto, il ventinovenne venne messo in custodia cautelare in carcere. Attualmente è a piede libero, sottoposto all’obbligo di dimora. 

Come spiegato dalla vittima, costituitosi parte civile, lui e A.J. si conoscevano di vista: “La sua fidanzata lavorava in un bar a Saluzzo - ha riferito I.L.-. La conoscevo già prima che stesse con lui. Lei mi aveva aiutato con la patente e i documenti. Nulla di più. Una decina di giorni prima di quel 4 ottobre, lui mi aveva mandato un messaggio dicendomi che doveva parlarmi: credeva che io avessi una storia con la sua ragazza. Venne a casa mia insieme a due amici e mi chiese se fosse vero. Io gli assicurai di no. Lui mi chiese di andare a giurare in chiesa. Andammo a Saluzzo, io giurai che non avevo niente a che fare con la sua fidanzata. Poi andammo a casa, ci stringemmo la mano e sembrò finita lì”. 

Ma quel giuramento al ventinovenne non sarebbe bastato. Quella mattina, dopo aver fatto colazione in un bar di Manta, il ventottenne vide il furgone: “Andava verso Saluzzo - ha precisato - conoscevo il mezzo e ho riconosciuto A.J. al volante. Dopo aver pagato, mentre stavo andando all’auto ho rivisto passare il furgone, ma il lato conducente era lontano da me e non ho visto chi lo guidava”. 

Poi, messo in macchina in direzione Centallo, I.L. vide di nuovo il furgone parcheggiato vicino al cimitero: “Ho visto che il furgone rientrò sulla strada dando una brusca accelerata ad alta velocità - ha continuato la parte civile -. Superò l’auto che c’era tra noi, si mise dietro di me, aveva gli abbaglianti accesi. Poi, mentre mi sorpassava, vidi il fuoco del colpo dell’arma e finii fuori strada. Non ho visto chi ci fosse dentro al furgone”.

Il ventottenne se la cavò con nove giorni di prognosi, ma il proiettile in quell’occasione non gli venne estratto: “Sto aspettando l’operazione - ha concluso I..L.-. Per otto mesi non ho lavorato e non riuscendo a muovere completamente il braccio mi sono dovuto licenziare”. 
 

Il 12 marzo la prossima udienza. 

CharB.

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