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Politica | 02 febbraio 2025, 10:00

Provincia, Robaldo prende ancora tempo per vicepresidenza e deleghe ai consiglieri

Nulla di fatto nella seduta del Consiglio provinciale di giovedì scorso a Mombasiglio. Il presidente promette che le assegnerà ma per il momento soprassiede. I delicati rapporti col centrosinistra e col centrodestra lo inducono a temporeggiare

Provincia, Robaldo prende ancora tempo per vicepresidenza e deleghe ai consiglieri

Evidentemente deve essere una partita complicata quella che il presidente Luca Robaldo deve affrontare in Provincia per l’indicazione del  vicepresidente e l’attribuzione delle deleghe ai consiglieri, visto che dura da quattro mesi e fatica a trovare sbocchi.

 Ci si aspettava che giovedì scorso, durante il Consiglio provinciale itinerante svoltosi nel castello di Mombasiglio, desse per lo meno qualche indicazione.

E invece nulla anche se, in verità, nessuno gli ha chiesto conto dello stato dell’arte.

 L’Amministrazione provinciale, dopo la legge Delrio, è andata assumendo sempre più i connotati di un organo monocratico (il presidente amministra  per decreti), pur tuttavia la questione delle deleghe e della vicepresidenza è andata assumendo una valenza che non può essere derubricata a quisquilia.

 Questione, sia chiaro, che riguarda gli addetti ai lavori, ma significativa – sotto il profilo politico - della situazione delicata che deve affrontare il “pattista” Robaldo, stretto com’è tra sinistra e destra.

 Il presidente della Provincia è giovane e ha davanti a sé la prospettiva di una lunga e brillante carriera politica per cui deve muoversi coi piedi di piombo tanto in una direzione che nell’altra.

 Fino al 29 settembre 2024, data delle elezioni che hanno rinnovato il Consiglio provinciale, ha governato senza turbative politiche, mentre adesso la situazione è cambiata.

 Paradossalmente, l’ottimo risultato ottenuto dalla sua lista “Patto Civico per la Granda”, che ha ottenuto lo stesso numero di consiglieri (4) del centrodestra e del centrosinistra, gli ha complicato la vita.

 Un pareggio 4-4-4 che alcuni spingono per trasformarlo in una maggioranza di 8 (4 “Patto Civico” + 4 del centrodestra “Ripartiamo dalla Granda”) per lasciare i 4 esponenti del centrosinistra “La Nostra Provincia” in minoranza, ma l’operazione è ardita.

 Tagliare fuori centrosinistra e Pd significa per Robaldo inimicarsi le amministrazioni comunali di quattro delle “sette sorelle”: Cuneo, Alba, Bra, Saluzzo senza dimenticare la complicanza di Mondovì, città dove lui è sindaco e dove il centrodestra è pur sempre all’opposizione.

 Se la Provincia dovesse restare ente di secondo livello – come ha disposto la legge Delrio – per vedere rinnovato il suo mandato in corso Nizza quei voti gli sarebbero indispensabili.

 Sul fronte del centrodestra deve fare i conti con equilibri fragili dove Forza Italia rivendica la vicepresidenza, ma ad ambire al ruolo sono in due: Simone Manzone, sindaco di Guarene, il consigliere provinciale più votato nell’ultima tornata, e Massimo Antoniotti, già vicepresidente con Borgna e presidente facente funzioni nella fase di passaggio tra Borgna e Robaldo.

 E poi c’è Fratelli d’Italia, partito di maggioranza nel centrodestra, che alle provinciali ha però espresso un solo consigliere, quel Rocco Pulitanò che a Mondovì siede sui banchi della minoranza e di Robaldo è dunque oppositore.

 Se mai dovesse arrivare la più volte annunciata “riforma della riforma” delle Province e si tornasse all’elezione diretta del presidente, nella spartingaia fra Forza Italia, Lega e FdI, quest’ultimo partito, come Brenno, calerebbe la spada sulla bilancia pretendendo la candidatura di vertice.

 L’assessore “fratello” Paolo Bongioanni lo ha ribadito in più circostanze che lascerebbe volentieri l’Agricoltura in Regione per lo scranno di Giolitti.

 Questo fa capire perché il giovane presidente agisca con felpata prudenza, “stretto com’è – osserva un sornione politico di lungo corso – tra il Kaimano e il Marchese”.

Giampaolo Testa

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