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Attualità | 01 febbraio 2025, 11:11

Posata la pietra d'inciampo per il monregalese Vincenzo Bellino, martire della strage di Cibeno [FOTO]

L'iniziativa è realizzata dalla Fondazione Fossoli e dall'ANED (Associazione Nazionale ex Deportati nei campi nazisti), in collaborazione con il Comune

Fu il civico numero 2 di via Beccaria ad ospitare per l'ultima volta come uomo libero Vincenzo Bellino, monregalese tra i 67 martiri della strage di Cibeno, avvenuta il 12 luglio 1944, in provincia di Modena.

Con una pietra di inciampo, la prima ufficiale realizzata dall'artista tedesco Gunter Demnig che viene posta in Città, la Fondazione Fossoli e dall'ANED (Associazione Nazionale ex Deportati nei campi nazisti) in collaborazione con il Comune ha voluto rendere omaggio alla memoria a Bellino, imbianchino di professione e partigiano in Val Casotto.

“Ringrazio a nome di tutta l’amministrazione, oggi rappresentata da maggioranza e minoranza,  la Fondazione Fossoli per questa iniziativa, gli studenti dell’istituto Archè oggi qui presenti, gli amministratori presenti in particolare il sindaco di Ceva, Fabio Mottinelli e la vice presidente di Fondazione CRC, Elena Merlatti, gli alpini, le associazioni d’Arma, i Carabinieri e la Polizia locale per essere qui presenti oggi - ha detto il sindaco, Luca Robaldo nel corso della cerimonia in Sala Scimé -. La nostra provincia ha pagato un tributo enorme nel corso del secolo scorso, siamo orgogliosi di essere stati coinvolti nel vostro progetto”. 

Gli studenti dell’istituto hanno poi chiosato: “Questo è un momento che ci insegna davvero l’importante di quello che impariamo tutti i giorni a scuola”. 




“Per noi è importantissima la presenza delle scuole - ha aggiunto il primo cittadino - per questo da anni portiamo avanti un percorso di ricerca per apporre ogni anno due targhette per ricordare i martiri monregalesi. Tutto questo lavoro lo ricordo è per dire che tutta la comunità è coinvolta in questo impegno”. 



L’iniziativa-  realizzata in occasione del 80° anniversario della strage - coinvolge tutti i comuni di residenza delle vittime della strage di Cibeno, provenienti da 27 diverse province,  per ricordare i martiri e l’ultimo luogo dove ciascuno ebbe l’ultima residenza da uomo libero.

“Ringrazio a nome della nostra presidente per l’accoglienza - ha spiegato Isabella Giovanardi, in rappresentanza della Fondazione Fossoli -. La nostra realtà nasce nel ‘96 a Fossoli, frazione di Carpi, per ridare un’identità alle vittime, un eccidio sul quale ancora non ci sono tutte le risposte. I prigionieri non sono stati scelti a caso, sono stati chiamati scandendo nome-cognome e uccisi con un colpo di pistola e coperti di calce affinché non potessero essere più riconoscibili. Fossoli era un campo di transito, ma questa strage fu particolarmente efferata e ancora si sta studiando”. 

Nato il 18 luglio del 1915, Bellino venne arrestato il 28 aprile del 1944 e deportato a Fossoli. Il Comune di Mondovì, nel 2020, aveva già posto una targhetta per ricordarlo nella sua ultima dimora.

Appartenente alle Formazioni Armate Militari (FAM) Bellino - si legge sul sito dell’ANPI -  Bellino fu arrestato il 28 aprile 1944, nel corso di una vasta operazione congiunta di Repubblichini e Tedeschi e condivise le peregrinazioni carcerarie degli avvocati monregalesi Eugenio Jemina (che sarà con lui nella lista dei condannati), Guido Garelli e Piero Calleri (più tardi deportati a Mauthausen e lì deceduti). 

Catturato a Mondovì, dopo il carcere alle Scuderie e poi alle Nuove di Torino, è inviato a Fossoli il 24 maggio '44, dove è immatricolato col numero 1.097 e rinchiuso nella baracca 17 A. Il suo corpo, contrassegnato all'esumazione con il numero 49, fu riconosciuto dalla matricola del campo e da una lettera rinvenutagli. Per Vincenzo Bellino nessun congiunto; la ricerca anagrafica non ha permesso di individuare parenti stretti. A Bellino è stato intitolato un vicolo nel centro di Mondovì ed il suo nome figura, nella stessa città, sulla lapide commemorativa dei Caduti della Seconda guerra mondiale.

Quello che avvenne a Cibeno ricorda la Fondazione Fossoli: "Vennero rinchiusi qui perché oppositori del nazifascismo. La sera precedente, dopo l’appello, 71 internati sono chiamati e avvisati di prepararsi alla partenza per la Germania. Dall’elenco sarà escluso Bernardo Carenini, mentre Teresio Olivelli riuscirà a nascondersi all’interno del campo. All’alba del 12 luglio, in tre riprese i 69 prigionieri sono caricati su camion e condotti al poligono di tiro distante pochi chilometri dal Campo. Vengono fatti allineare ai bordi di una fossa, che alcuni internati ebrei sono stati costretti a scavare il giorno prima, e ascoltano la sentenza: condanna a morte come rappresaglia per un attentato a Genova contro militari tedeschi. Si rivela inutile anche l’intervento del vescovo di Carpi, Vigilio Federico Dalla Zuanna, accorso sul luogo e la condanna a morte viene eseguita.
Solo due internati del secondo gruppo, Mario Fasoli e Eugenio Jemina, riescono a fuggire e a salvarsi nascosti dal movimento partigiano. Il 17 e il 18 maggio 1945, a meno di un mese dalla liberazione, ha luogo la riesumazione e il riconoscimento delle 67 vittime. Le esequie solenni si svolgono nel Duomo di Milano con grande e commossa partecipazione di cittadini”. 

“Bellino è stato riconosciuto dagli abiti e dal numero di matricola, come molti altri - ha concluso Giovanardi - purtroppo in molti casi non si hanno più parenti e quindi la ricerca è molto complessa, il nostro lavoro di tutti i giorni è ridare loro un’identità e una memoria. Ci rivolgiamo molto ai giovani per cercare di trasmettere loro ciò che è successo ottant’anni fa. 

Con la collaborazione di ANED abbiamo scelto di realizzare le pietre di inciampo e abbiamo contattato i comuni con l’obiettivo di creare una rete della memoria”. 

Arianna Pronestì

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