Si è da poco concluso il nono censimento invernale dello stambecco nel Parco del Monviso: sono 260 gli animali contati nelle osservazioni di quest’anno. A partire dalla sua istituzione nel 2016, il Parco del Monviso effettua questo monitoraggio in tre grandi settori, zone comprese nei territori comunali di Crissolo, Oncino e Pontechianale, che gli ungulati sono soliti frequentare prevalentemente durante lo svernamento e nel periodo degli accoppiamenti, che ha il suo culmine tra metà dicembre e metà gennaio. In questa finestra temporale i maschi si aggregano alle femmine e ai giovani esemplari, che trascorrono i primi tempi di vita con queste ultime, e ciò garantisce la presenza di tutte le classi di sesso ed età in poche aree ristrette. Sfruttare la massima concentrazione annuale degli animali, che diversamente vivono in gruppi separati e si disperdono maggiormente sul territorio, consente di ottenere dati più precisi sulla consistenza effettiva della popolazione di stambecco intorno al Monviso.
L’Ente di Gestione delle Aree protette del Monviso ha elaborato un’articolata relazione sul tema, che è possibile consultare dal sito internet www.parcomonviso.eu, dove è pubblicata a questa pagina.
L’attività viene svolta dal personale dell’ente in stretta collaborazione con i colleghi francesi della Riserva Ristolas-Mont Viso del Parc naturel régional du Queyras al fine di ottenere un quadro omogeneo della popolazione di stambecco svernante nelle Alpi del Monviso, presente anche nelle valli vicine dove analoghe rilevazioni vengono fatte dai diversi enti interessati. Il monitoraggio consente di comprendere al meglio le dinamiche di popolazione e di definire le necessarie misure di gestione e conservazione della specie.
Le osservazioni sono state favorite dalle condizioni meteorologiche e dalle sia pur deboli nevicate dei giorni precedenti ai conteggi, che hanno consentito di individuare più facilmente gli esemplari di stambecco dai punti di osservazione, posti a debita distanza dalle aree frequentate dagli animali, per non disturbarli.
Per saperne di più
Lo stambecco ha origini remote che risalgono a oltre 15 milioni di anni fa, quando nell’Asia centro-occidentale vivevano varie forme di capra selvatica che, durante le glaciazioni di circa 40.000 anni fa, si spinsero verso l’Europa. Diffuso in tempi storici su tutto l’arco alpino, fu da sempre preda ambita da parte dell’uomo che lo cacciò fino a portarlo a rischio di estinzione. La specie era sicuramente presente nelle valli Po e Varaita fino alla metà del Settecento, ma dalle fonti storiche si evince che, con tutta probabilità, lo stambecco era già estinto sul massiccio del Monviso agli inizi del XIX secolo: in quel periodo sul massiccio del Gran Paradiso ne erano sopravvissuti poco meno di 100 esemplari. Partendo da questo nucleo di stambecchi, fu avviato un importante progetto di reintroduzione: il primo ripopolamento di stambecco nel massiccio del Monviso risale al 1978. A questo ne seguirono altri fino agli anni Novanta del Novecento, anche sul versante francese nelle valli del Guil e dell’Ubaye; i primi anni 2000 videro, infine, la reintroduzione di altri esemplari in valle Varaita. Grazie a questi interventi su un arco temporale ormai ultratrentennale, oggi lo stambecco è fuori pericolo di estinzione ed è tornato ad essere uno dei simboli delle Alpi.