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Cronaca | 13 gennaio 2025, 12:39

Processo Tenda Bis: tutti assolti i quindici imputati nel processo torinese per le frodi sul cantiere

Stamattina il pronunciamento a oltre sette anni dall'inchiesta. La pubblica accusa aveva chiesto condanne comprese tra i 5 a i 7 anni di reclusione

Nel maggio 2017 il sequestro del cantiere ad opera della Guardia di Finanza

Nel maggio 2017 il sequestro del cantiere ad opera della Guardia di Finanza

Assolti perché "il fatto non sussiste" e "non luogo a procedere per intervenuta prescrizione". Queste le formule con le quali il Tribunale Penale di Torino ha sentenziato il proscioglimento o l’assoluzione di tutti i quindici imputati rinviati a giudizio per le presunte frodi sul cantiere del Tenda Bis.

La decisione è arrivata nel corso dell’udienza tenuta questa mattina presso il palazzo di giustizia del capoluogo regionale.

La giudice Elena Rocci, che si è riservata 90 giorni per le motivazioni, ha così disatteso le richieste avanzate dalla pubblica accusa per bocca della pubblico ministero Chiara Canepa, che per gli imputati aveva chiesto la condanna con pene da 5 a 7 anni di reclusione, mentre le difese avevano chiesto per i loro assistiti il proscioglimento.

La maxi inchiesta da cui prese le mosse il processo torinese era nata a seguito del sequestro del cantiere di Limonetto, nel maggio 2017, operato con un’operazione della Guardia di Finanza.

Dopo la chiusura del primo troncone processuale, celebratosi nelle aule di piazza Galimberti,  aperto per far luce su alcuni furti di materiale avvenuti in cantiere che sarebbero stati destinati alla realizzazione della galleria Tenda, era rimasto in piedi quello che poi, dopo un ping-pong tra il palazzo di giustizia cuneese e quello torinese, per una questione di competenze territoriale, era approdato al "Bruno Caccia". 

Dei 15 imputati, cinque erano già stati giudicati e condannati a Cuneo e poi assolti in secondo grado. Pronuncia, quest’ultima, che aveva riqualificato i “furti” in “appropriazione indebita”, reato procedibile solo su querela di parte che, in questo caso, non era stata formalizzata, spazzando così via l’impianto accusatorio di un’inchiesta durata più di sette anni. A essersi costituiti parte civile erano stati il Comune di Limone Piemonte, l’Anas e il Ministero dei Trasporti.

Il motivo per cui il secondo faldone è passato al Tribunale di Torino risiede nel fatto che le certificazioni dello stato di avanzamento dei lavori del tunnel erano state qui datate e sottoscritte e, dunque, anche i reati connessi alla presunta falsificazione sulle certificazioni, quali truffe e frodi, si sarebbero concretizzate nel capoluogo piemontese.

Un’inchiesta estremamente tecnica, nella quale i consulenti delle parti, quelli nominati dalla Procura, rappresentata dal pubblico ministero Canepa, già a suo tempo titolare del fascicolo a Cuneo prima di ottenere il trasferimento al "Bruno Caccia", e quelli incaricati dalle difese si sono scontrati sulle varie posizioni.
Secondo il magistrato “lavori eseguiti male” chiama “frode allo Stato”. A sostegno delle sue accuse le intercettazioni telefoniche che sono state rilette in aula. Le richieste in punto pena vanno dai 7 ai 5 anni di reclusione più le pene pecuniarie.

Lo Stato francese, così come la Provincia di Cuneo, non hanno partecipato al processo come parti civili. Ad aver avanzato una richiesta di 25 milioni di euro di risarcimento è stato il Ministero dei Trasporti, in coda il Comune di Limone Piemonte che ha quantificato e chiesto 900.000 euro di danni.

Redazione

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