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Schegge di Luce | 12 gennaio 2025, 09:00

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di monsignor Angelo Sceppacerca

Commento al Vangelo di domenica 12 gennaio 2025, Festa del Battesimo del Signore

Statua del Battesimo di Cristo, a Lione (Francia)

Statua del Battesimo di Cristo, a Lione (Francia)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: "Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco".

Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento" (Lc 3,15-16.21-22).

Oggi, 12 gennaio 2025, la Chiesa festeggia il Battesimo del Signore (Anno C, colore liturgico bianco). A commentare il Vangelo della Santa Messa è monsignor Angelo Sceppacerca, a servizio della Cei come segretario nazionale delle Pontificie opere missionarie.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

"Giovanni è una figura così forte e fedele da indurre le persone a pensare che sia lui il Cristo; il Battista reagisce spiegando la grande differenza: lui battezza in acqua, Gesù in Spirito Santo e fuoco, producendo una rinascita a figli di Dio.

Gesù «stava in preghiera»: si mostra Figlio di Dio e insegna a tutte le generazioni a esserlo, chiedendo e ricevendo il dono della comunione d’amore col Padre. Questo è ciò che “apre il cielo” e ricollega l’umanità a Dio. Lo Spirito scende sui nuovi figli ritrovati e riconciliati nel Figlio; discende come la colomba di Noè che annuncia la fine del diluvio e il ritorno dell’armonia, della vita e della pace. È come la colomba del Cantico dei Cantici, simbolo del popolo unito a Dio come la sposa allo sposo. Gesù convoca ed edifica la Chiesa sua sposa, chiamata alla festa delle nozze eterne.

Sulle rive del Giordano, l’inaudito delle profondità trinitarie – il dialogo fra il Padre e il Figlio eterno – si fa udire: «Tu sei il Figlio mio, l’amato». In questo 'Tu' del Padre è accolta la speranza per l’intera umanità. Le parole che seguono: 'In Te ho posto il mio compiacimento' portano il significato dell’incarnazione del Verbo: ridare all’uomo il volto delle origini. Più che rivolta a Gesù, la voce designa il “mistero” che Gesù porta in sé. Certamente è rivolta a noi per indicarci Gesù sotto il segno di una messianicità umile e dimessa.

La voce dal cielo è dichiarazione del mistero e della potenza di Gesù, la sola davvero capace di innalzare l’umanità alla misura di Dio. Il serpente aveva ingannato i progenitori, offrendo una “divinizzazione” frutto di latrocinio; l’essere “come Dio”, invece, è effetto del dono dell’amore del Padre, che porterà il Figlio fino al dono totale di sé sulla Croce. La paternità di Dio per tutta l’umanità non nasce da una rapina, ma da un dono.

La festa del Battesimo del Signore chiude il tempo di Natale e apre al cammino del tempo ordinario. Dopo aver contemplato l’irruzione di Dio nella storia, vengono le conseguenze nella vita dell’uomo. Il battesimo – quello di Gesù e il nostro – è come una nascita: si rompono le acque, perché l’uomo possa uscire dall’utero materno; ed ecco davanti a lui si spalanca la vita. L’immersione battesimale è segno di morte e l’emersione lo è della risurrezione. Lo spiega san Gregorio Nazianzeno: 'Gesù sale dalle acque e porta con sé in alto tutto intero il cosmo'.

Il cristiano, reso conforme all’immagine del Figlio, diventa capace di adempiere la legge nuova dell’amore. Egli certamente è assillato dalla necessità di combattere il male attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte; ma, unito a Cristo, andrà incontro alla risurrezione forte di speranza. E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Lo ribadisce la Chiesa nel Concilio Vaticano II. Cristo è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è una sola, quella divina; perciò dobbiamo credere che lo Spirito Santo dà a tutti la possibilità di essere uniti al mistero pasquale di Cristo morto e risorto. Così grande è il mistero dell’uomo. In Cristo riceve luce quell’enigma del dolore e della morte che al di fuori del suo Vangelo ci opprime. Con la sua morte Egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita, perché anche noi, diventando figli col Figlio, possiamo pregare, esclamando nello Spirito: Abbà, Padre!"

Silvia Gullino

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