“Non ho dubbi - dice Maria - se c’è una persona che ringrazio quella è di sicuro la mia mamma, non lo farò mai abbastanza. A lei, più di ogni altra persona, devo chi sono."
“Il mio grazie va a Lucia - racconta invece Sergio - una bimba che ho incontrato un paio d’anni fa in ospedale. Mi ha cambiato la vita, così piccola e così saggia. Noi adulti complichiamo sempre tutto, mentre i bimbi no, loro sì che sono saggi! La porto nel cuore.”
“A Tommi - dice Andrea - in un mondo dove è difficile costruire rapporti umani duraturi, il mio cane mi insegna ogni giorno l’amore incondizionato.”
Tra le prime parole che si insegna ad un bambino, una delle più importanti nella vita, non soltanto da pronunciare ma da sentire nel profondo del cuore. Si celebra oggi, sabato 11 gennaio, la giornata internazionale della parola “Grazie”, ricorrenza nata da pochi anni che ha come obiettivo quello di promuovere l’importanza e soprattutto il suo significato, gli effetti sulla nostra salute psicofisica.
Tommaso d’Aquino identificava tre diversi livelli di gratitudine: la riconoscenza per il beneficio ricevuto, la lode verso colui che lo ha reso possibile e la disponibilità a ricambiare. Tre diversi livelli, che riscontriamo nelle diverse lingue. Per esempio l’inglese “thank you” ed il tedesco “danke” derivano dall’arcaico “thanc”, che significa “pensiero”, sottolineando il risultato dell’azione, quindi il primo livello della gratitudine. L’italiano “grazie” e lo spagnolo “gracias” derivano invece dal greco “chàris”, parola utilizzata per indicare l’essere contento, lo stare bene, esaltando chi ha compiuto il gesto e quindi orientandosi maggiormente verso il secondo livello. Lo stesso vale per il francese “merci”, che etimologicamente significa “pietà”.
Tra le lingue che, infine, richiamano maggiormente il vincolo morale a ricambiare c’è invece il portoghese con “obrigado/a” (participio del verbo “obrigar”, dal latino “obligare”). A causa invece della complessità del concetto di gentilezza, in Giappone esistono addirittura almeno 21 modi per ringraziare, in base al contesto ed alla persona da ringraziare.
Non soltanto sinonimo di educazione, saper ringraziare è una vera e propria capacità emotiva: coinvolge tutta una serie di fattori importanti per lo sviluppo psicologico e ha effetti sullo stato di benessere generale. La gratitudine è infatti un atteggiamento in grado di agire positivamente sia nelle relazioni personali che in ambito lavorativo, ma anche di influire sulla consapevolezza di sé. A livello cerebrale attiva i neurotrasmettitori in grado di agire direttamente sul sistema immunitario, abbassa la pressione sanguigna, riduce il rischio di depressione e migliorare la qualità del sonno.
Ma la gratitudine richiama anche la memoria, il prezioso custodire, così come la volontà quotidiana di ciascuno di noi nell’accorgerci o meno di un qualcosa per cui ringraziare. Perché, come sempre, a fare la differenza più di tutto è proprio il nostro atteggiamento.