In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. (Gv 1,1-18).
Oggi, 25 dicembre, la Chiesa celebra la solennità di Natale del Signore (Anno C, colore liturgico bianco).
A commentare il Vangelo della Santa Messa è padre Vasile Doroftei, parroco della chiesa ortodossa di Santa Caterina d’Alessandria d’Egitto, in Bra.
Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.
Eccolo, il commento dal titolo: “Ci sia utile la nascita di Cristo”.
Sentirete molto spesso in questi giorni, più cantata, più predicata, questa espressione: «Che la nascita di Cristo ti sia utile!». Perché, in sostanza, le vacanze di Natale non riguardano solo il tempo e la gente del posto. Betlemme è dunque qualunque insediamento umano in cui Cristo diviene il gioioso padrone delle anime e delle case, un maestro umile e amorevole, un Imperatore il cui splendore è dato dalla profondità della sua umiltà.
A quanto serve, dunque, la nuova nascita di Cristo? Naturalmente, da un lato, il presepe è il suo dono per noi. Ma perché questo dono diventi nostro, occorre fare la fatica di andare incontro a Lui, la fatica di cercarlo, come maghi impoveriti dei loro stessi doni, disperdendosi nel deserto del mondo a cui apparteniamo, viandanti inquieti sui sentieri che corriamo, caotici e mediocri, ma ardenti di desiderio di una vittoria celeste.
In altre parole, il Natale del Signore ci è utile solo quando significa anche la nostra nascita dall'Alto, quando è pieno del significato di pentimento, di fiducia in Colui che è nato, quando è pieno del significato di speranza e amore per il prossimo. Del prossimo che, per la fede nel dono della nascita di Dio, è come un fratello. C’è una storia (raccontiamola per Natale) che ho pensato potesse andare bene in questo periodo. Un vecchio monaco diceva: «Un giorno, guardando verso la foresta, vidi una bestia correre verso di me. Quando si è avvicinata a me, ho visto che era un uomo. Quando è caduto tra le mie braccia, piangendo, ho capito che era mio fratello».
Cristo è Colui che ci ha dato la forza per vedere oltre le visioni annebbiate di questa vita la vicinanza del nostro prossimo, rivelandoci il mistero del nostro fratello. Del fratello che è nostro fratello, perché Cristo è diventato, nascendo, nostro Fratello.
Dispersi dalla storia e desiderosi di essere umani, dopo un lungo tempo di attesa in cui i profeti furono uccisi, la purezza bestemmiata e la santità dimenticata, coloro che lo aspettavano erano cresciuti per incontrarlo. Cristo non viene mai per caso, è Colui che è, la Via, la Verità e la Vita, per poter trasmettere il messaggio del suo amore e riesce a mostrarsi al mondo sotto il volto di gioiosa umiltà, sotto il volto di un bambino. Così entra nella storia il Vincitore dell'inferno, rivestito della purezza dell'infanzia, pulito e illuminato da una stella, portato su braccia verginali, protetto dal cameratismo di Giuseppe e dei pastori, cantato dagli angeli, messaggeri della voce di Dio verso l'umanità che aveva perso la sua umanità.
Non è diverso oggi. Lo stesso spirito deve incontrare il Natale del Signore. Purezza luminosa, amore vivente, gioia piena di speranza e puro sacrificio sono le chiavi per comprendere questo momento di grazia salvifica. Ogni inganno di gioia nei momenti del Natale porta con sé lo spettacolo imbarazzante con cui sentiamo inondare le nostre feste. Annulla l'umiltà della trasparenza divina avvolta nella virtù di Betlemme. Attacca l’obbedienza che Cristo esige dal momento di Betlemme.
Questa è la chiave di questo odio. Ci sia dunque utile la nascita di Cristo. Come fruizione del grande dono dell'Incarnazione, che porta Cristo sulla terra, affinché il Cielo ci sia accessibile e la divinizzazione sia possibile. Ciò significa che la salvezza è vicina. Perché, al di là di tutto il rumore che circonda il momento del Natale, questo è il richiamo del silenzio che risuona nel suo silenzio: perché il Figlio di Dio non è venuto per distruggere il mondo, ma per salvarlo! Godere!