Nemmeno a Natale c’è pace tra i Fratelli d’Italia.
Il coordinamento provinciale riunitosi ieri sera, che aveva all’ordine del giorno il percorso di crescita e rafforzamento del partito nel Cuneese, ha registrato la polemica defezione dell’avvocato di Moretta Carla Sapino.
Sapino, dopo aver evidenziato gli scarsi risultati ottenuti alle amministrative di giugno e alle elezioni provinciali di settembre, ha sintetizzato in tre i motivi delle sue dimissioni.
Primo: “Immobilismo politico: sono mancate del tutto iniziative sui problemi del territorio né si è svolta alcuna riunione informativa relativa alla situazione politica nazionale e locale rivolta ai tesserati”.
Secondo: “Assenza totale nei grandi Comuni cuneesi: nessuna delle 7 sorelle può vantare di avere un sindaco appartenente al partito”.
Terzo: “Insufficienze palesi sul piano organizzativo: i presidenti dei vari circoli non si conoscono tra loro. Stesso discorso vale nei confronti degli iscritti (molti dei quali possiedono capacità da valorizzare). I membri del coordinamento provinciale non sono a conoscenza di chi siano e di quale attività svolgano gli incaricati dei Dipartimenti provinciali”.
Le dimissioni di Sapino evidenziano come la componente che fa capo alla consigliera regionale Federica Barbero Invernizzi, al “patriarca” Paolo Chiarenza e al sindaco di Valdieri Guido Giordana insieme ad altri abbia scelto l’Aventino.
I quattro posti loro offerti nel coordinamento provinciale sono stati respinti “in quanto non si trattava di avere una carica dirigenziale, bensì – così hanno motivato il loro rifiuto - di una questione politica, di linee di indirizzo, di contenuti, di metodo e di operatività”.
Il vulnus apertosi nel congresso del novembre 2023 sembra destinato a non sanarsi, come dimostrano le perduranti situazioni di tensione che hanno portato al commissariamento dei circoli di Mondovì e Saluzzo, affidati rispettivamente a Marco Buttieri e Claudio Sacchetto.
Senza dimenticare il “caso Fossano” di pochi giorni fa, in occasione della mancata approvazione del bilancio, che ha registrato una spaccatura in seno allo stesso gruppo consiliare.
I dissidenti reiterano le considerazioni espresse più volte e cioè che il risultato del congresso è stato viziato da un risultato determinato dal “non avere consentito il voto a tutta una serie di iscritti che ne avrebbero invece avuto diritto”.
“È evidente – affermano a sostegno della loro argomentazione – che se il congresso si fosse svolto con i crismi della correttezza l’esito della votazione in merito ai dirigenti del coordinamento sarebbe stato ben differente”.