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Solidarietà | 14 dicembre 2024, 07:02

Dalla diagnosi di fibrosi cistica al trapianto di polmoni: da Cherasco una storia di rinascita

Nelle parole di Elio Sicca un racconto di forza e speranza: "L’Associazione Italiana Donatori Organi mi ha cambiato la vita e può cambiarla a tante altre persone"

Ogni giorno, in Italia, migliaia di persone aspettano un trapianto che potrebbe salvare loro la vita. Secondo i dati del Centro Nazionale Trapianti, nel 2023 sono state effettuate oltre 4.000 donazioni di organi, ma il bisogno resta altissimo. Diventare donatori significa trasformare il dolore di una perdita in speranza per chi attende. L'Associazione Italiana Donatori di Organi della sezione della provincia di Cuneo è molto attiva e presente nel territorio e comprende 18 gruppi intercomunali che raggruppano i 250 comuni della Granda. 
Elio Sicca racconta la sua storia, quella di un trapianto di polmoni che non solo gli ha dato una seconda possibilità, ma ha cambiato la sua vita, tanto da poter parlare di un “prima” e di un “dopo”.

Buongiorno Elio, grazie per aver accettato di raccontare la sua storia. Partiamo dall'inizio: com'era la sua vita prima del trapianto?

Sono nato a Torino nel 1969, ma vivo da sempre a Cherasco. Prima del trapianto, la mia era una vita “senza fiato”, nel vero senso della parola. Già da bambino, durante le partite di calcio, stavo sempre in porta perché non riuscivo a correre. Era una vita statica, vissuta quasi in apnea. Ero costantemente afflitto da bronchiti e, durante le lezioni di educazione fisica, restavo in panchina. A 21 anni, il mio corpo ha ceduto: ho avuto uno pneumotorace spontaneo (collasso polmonare), che mi ha portato d'urgenza al San Luigi di Orbassano. Dopo due mesi di esami, è arrivata la diagnosi: fibrosi cistica.

Una diagnosi che cambia tutto. Cosa ha provato in quel momento?
I segnali c'erano già da tempo, ma nessuno aveva mai collegato i puntini. Scoprire di avere la fibrosi cistica è stato difficile, ma tormentarmi su ciò che sarebbe potuto accadere con una diagnosi precoce non avrebbe avuto senso. Ho deciso di guardare avanti. Sono iniziati anni di terapie, soprattutto antibiotiche, che mi hanno permesso di andare avanti fino ai 37 anni. A quel punto, però, la mia capacità respiratoria era ormai minima. Insieme ai medici, abbiamo deciso che l'unica soluzione fosse mettermi in lista per un trapianto.

Ha trovato conforto nelle persone che stavano affrontando la sua stessa malattia?
Durante i miei numerosi ricoveri, in cui trascorrevo fino a 15 giorni al mese in ospedale, ho iniziato a frequentare un gruppo di persone con fibrosi cistica. Tuttavia, non ho trovato una piena sintonia con loro. Sentivo che il loro atteggiamento li portava a “ghettizzarsi”, vivendo la malattia come una sorta di etichetta. Per me, non è stato così. Io non ero la mia malattia. Le persone che amo e frequento sono sempre le stesse, indipendentemente dalla battaglia che sto combattendo. Questo spirito combattivo è l’eredità più grande che mi hanno lasciato i miei genitori. Mio padre, che purtroppo ho perso da poco, è ancora oggi una guida nelle mie scelte quotidiane: voglio renderlo orgoglioso.
Ho anche capito subito che il segreto per affrontare la malattia non era nasconderla, come invece facevano molti. La condivisione porta conoscenza e vicinanza. Raccontarsi agli altri significa diffondere consapevolezza. Questo è ciò che faccio oggi con l’AIDO, l’Associazione Italiana Donatori Organi, che mi ha cambiato la vita e può cambiarla a tante altre persone.

L'attesa per un trapianto è spesso lunga e difficile. Com'è stata la sua esperienza?
Estenuante. Mi hanno chiamato sei volte per un possibile trapianto, ma per sei volte sono tornato a casa senza polmoni nuovi a causa di complicazioni. Poi, il 26 dicembre 2006, è arrivata la settima chiamata. Ricordo ancora le parole del chirurgo toracico Nino Cavallo: "Forse questa volta non la mando a casa". Quel giorno, nelle mani del cardiochirurgo Mauro Rinaldi e dello stesso Cavallo, è avvenuta la mia rinascita.

Una coincidenza particolare: è nato il 26 marzo ed è “rinato” il 26 dicembre. Cosa ha pensato?
L'ho vissuta come un segno del destino. Da quel momento, tutto è cambiato. Ho avuto una nuova possibilità di vita e ho deciso di viverla al massimo.

Come sono stati i giorni immediatamente successivi al trapianto?
I primi 12 giorni sono stati particolari. Ho vissuto una condizione rara e assurda: un delirio da sveglio. Una reazione tra anestesia e farmaci antirigetto mi impediva di dormire, anche con i sedativi: mi sembrava di vivere in una sorta di sogno lucido, una realtà parallela. È stato terribile, ma al 13° giorno ero pronto a ricominciare da zero.

Come si è riappropriato della sua nuova vita?
Lo sport è stato fondamentale. L'attività aerobica mi ha aiutato a migliorare la capacità polmonare. Ho iniziato con il pilates e il fitness, poi ho ripreso una vecchia passione: il nuoto. Prima del trapianto, riuscivo a nuotare solo a dorso per la mancanza d'aria; dopo, ho imparato a nuotare a stile libero. Da lì, è stato un crescendo: ho completato un mezzo Ironman in 6 ore e 50 minuti e ho partecipato all’attraversamento a nuoto dello Stretto di Messina, sempre rispettando i limiti del mio fisico.

Oltre allo sport, come trascorre le sue giornate?
Lavoro come ortolano nell'azienda agricola di famiglia. Mi sveglio alle 5 del mattino, seguo il ciclo naturale della Terra e mi ritaglio sempre del tempo per fare sport. Ogni mia scelta quotidiana è un modo per onorare chi non c’è più ma mi ha donato i suoi polmoni.

A proposito di supporto, c'è qualcuno che ha avuto un ruolo speciale in questo suo percorso?
Sì, senza dubbio la mia compagna, Roberta Capucci. Da dieci anni è al mio fianco e mi sprona ogni giorno, soprattutto nell’attività sportiva. È sempre pronta a incoraggiarmi nei momenti difficili e a celebrare con me i piccoli e grandi successi. Il suo sostegno è stato e continua a essere fondamentale per affrontare questa nuova vita con energia e positività.

Un messaggio molto toccante. Cosa direbbe a chi sta pensando di diventare donatore?
Direi che un semplice "sì" può cambiare una vita. Dare il consenso alla donazione di organi, tessuti e cellule è un atto di grande altruismo. Grazie all’AIDO, è possibile farlo anche online, in pochi minuti, sul loro sito (https://aido.it). Se tutti capissimo l'importanza della donazione, tante vite potrebbero cambiare, proprio come è successo a me.

Grazie mille, Elio, per questa testimonianza così intensa. Speriamo che le sue parole ispirino molte persone a fare questa scelta.
Grazie a voi per darmi la possibilità di condividere la mia storia. Se anche solo una persona considererà la donazione grazie alle mie parole, allora avrò raggiunto il mio obiettivo.

Gabriella Fazio

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