“Il nostro gatto Sakè fa impazzire tutti. Lo chiamano “Sake-chan” e continuano a dire “Sugoi” che significa “forte” quando diciamo che siamo arrivati via terra".
In Giappone sono arrivati nei giorni scorsi sul loro van. Partendo a maggio dal Piemonte, hanno percorso 42.000 chilometri per raggiungerlo. Sommandoli al primo round di viaggio, in totale, in giro per il mondo, hanno percorso 92.000 km, visitato 36 paesi e attraversato 3 continenti.
Sara Moressa, saluzzese, Paolo Provera di Chivasso, il gatto Sakè e il cane Rottweiler Olimpia, avevano iniziato la loro avventura il 18 maggio del 2022, chiudendo la loro casa torinese per salire su quella a 4 ruote, un van di 9 metri. Primo obiettivo: un anno in giro per l’Europa per poi sconfinare in Africa. Dopo un ritorno “tecnico” a casa, per il controllo del mezzo e (non ultimo) per il loro matrimonio lo scorso anno, erano ripartiti con destinazione il Giappone.
Putroppo Olimpia è morta in Mongolia, dopo la scoperta in Russia di un tumore alla milza che l’ha portata via in un mese. “La perdita di Olimpia è stato il momento più difficile. Fortunatamente non ha sofferto, ma sul van è rimasto un grande vuoto. Dopo due anni e mezzo in 9 metri quadrati h24, ci siamo sentiti all’improvviso svuotati e in silenzio. Anche Sakè (che potrebbe battere il Guinness World Record del gatto che ha visitato più paesi al mondo) ha patito la solitudine, tant’è che abbiamo cercato di aumentare le uscite insieme a lui e fortunatamente siamo in luoghi in cui è possibile portarlo con noi in sicurezza. Prendere un altro cane purtroppo non dipende da noi: i visti sono limitati e la burocrazia davvero impegnativa per poter importare ed esportare un animale senza incorrere in quarantene. Fosse per noi vivremmo in un’arca di Noè” .
Nei primi mesi del secondo step di viaggio hanno attraversato i Balcani, scoperto il Kosovo, raggiunta la Turchia, entrati in Asia. Sono stati in Georgia, Armenia, Russia, Kazakistan, ma assecondando la strada sono stati anche in Kurdistan iracheno, “lo stato che “non esiste” ma che ci ha lasciato un segno nel cuore”, in Kirghizistan, Mongolia e in sud Korea prima di arrivare in Giappone-
Quali le esperienze più significative? “Non riusciamo davvero a fare classifiche, perché ogni esperienza più bella riguarda le persone che abbiamo incontrato e che ci hanno fatti sentire accolti, non come stranieri, ma come parte della famiglia. Tra questi episodi ricordiamo sempre l’incontro con il Papa degli Yazidi in Kurdistan iracheno, l’invito a un paio di matrimoni sempre in paese, gli anziani che ci hanno spalancato le porte delle dacie in Russia, i coreani che non la smettevano di invitarci.. e ora beh, le lacrime che sono scese mentre guardavamo il sole sorgere e mettevamo piede sul suolo del Sol Levante: il nostro sogno…"
La Russia, come l’avete vissuta? “E’ stata un’esperienza forte, soprattutto a bordo del van e sostando nei piccoli centri, abbiamo sempre vissuti episodi incredibili, che ci hanno fatto capire ancor di più quanto sia sbagliato a volte generalizzare. Ogni giorno c’era chi bussava sul portellone chiedendo se ci servisse acqua, cibo, semplicemente aiuto. Abbiamo ricevuto migliaia di abbracci e di ringraziamenti per la nostra presenza e ancora oggi le persone del luogo ci scrivono, chiedendoci se stiamo bene e se siamo felici”.
E la Mongolia? “E’ stato il paese della “solitudine”. Al di là della perdita di Oli, ci siamo spesso ritrovati soli nel nulla, anche quando il motore ha smesso di funzionare o nel bel mezzo di una bufera di vento di notte. Eppure sono tutte esperienze che ci sono servite per imparare a stare al mondo e a metterci in gioco".
L’esperienza della tempesta, isolati completamente nella steppa mongola, dove passano 400 km fra una città e l'altra, Sara l’ha descritta nel diario di bordo: “raffiche di vento facevano tremare persino le lenzuola e il loro sibilo era più fastidioso del suono del gesso premuto contro la lavagna. Qua e là cavalli, cammelli, mucche, capre e rari puntini bianchi, le piccole abitazioni circolari con scheletri in legno e coperture in feltro di lana di pecora: le Gher, resistenti ai gelidi inverni della steppa, ma anche facilmente smontabili durante le lunghe traversate, con le porte orientate verso sud/sud est per contrastare gli impetuosi venti provenienti dalla Siberia, che soffiano a nord/nord est.
La stessa posizione in cui eravamo parcheggiati noi quando è iniziata la tempesta. La natura ha dato spettacolo della propria potenza per tre ore, ininterrottamente. Avrei voluto poter premere un interruttore per farla smettere, e mi è tornato alla mente Leopardi in questi luoghi, davanti a tali immagini sempre uguali, come se fossimo entrati nello schermo di un pc Windows”.
“La solitudine è come una lente d'ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo”. È stato uno dei momenti nei quali ho avuto più paura... per fortuna Sakè e Oli sembravano molto tranquilli, il che mi ha aiutata a riflettere, perché di solito gli animali avvertono molto prima di noi le calamità naturali, quindi anche se temevo che si formasse un tornado, sapevo nel profondo che non sarebbe successo.
Il paese che vi ha stupito di più? “Forse la Siberia. Da bravi piemontesi siamo cresciuti usando l’espressione va in Siberia per mandare qualcuno in un postaccio. D’altronde la Siberia era quel luogo in cui le persone venivano mandate in esilio, in un paesaggio inospitale, con temperature rigide per innumerevoli mesi, dove sopravvivere diventava davvero una speranza senza troppe fondamenta. La Siberia quindi, nel nostro immaginario, non era proprio un posto in cima alla lista da voler visitare.
Finché non ci siamo arrivati e abbiamo amato tutto di quei luoghi, selvaggi per davvero, ma ospitali e gentili. Abbiamo amato il poco, che però donava tutto, quelle montagne infinte e la natura incontaminata che ci hanno fatti sentire liberi.
Ora siete in Giappone. Cosa farete dopo? "Chi ci conosce bene lo sa, abbiamo in mente molte idee e molti progetti, ma prima ci concediamo questi tre mesi in Giappone per capire cosa potremmo realizzare. E intanto teniamo gli occhi aperti anche verso altre opportunità, perché non si può mai sapere. Diciamo che lo spirito di adattamento ora non ci manca, e ci piace poterci mettere in gioco in più cose, anche solo per accrescere le nostre competenze".
Nel frattempo, durante il viaggio, facendo tesoro della loro esperienza da due anni in prima fila alla scuola di vanlife e dell’arte dell’arrangiarsi on the road, tra geografie e storie, cucina, culture, hanno scritto un libro “Vivere e viaggiare in camper senza spendere una fortuna”, autopubblicato su Amazon e che sperano possa essere di aiuto a chi vorrà gestire economicamente un’avventura simile.
Siete riusciti a mantenere il vostro budget giornaliero? "Non abbiamo mai sforato il nostro budget in questi due anni e mezzo, mantenendo i 15 euro pro capite giornalieri considerando qualsiasi spesa sostenuta, benzina compresa".
Sara, Paolo e Sakè, sono su YouTube Instagram e Facebook alla pagina Vandipety e sul sito web www.vandipety.it https://www.instagram.com/vandipety/, https://www.youtube.com/@vandipety