La nave del vino italiano naviga un mare, quello del mercato, in gran tempesta, soprattutto quando si naviga nella acque profonde delle esportazioni. Difficoltà economiche, crisi internazionali, guerre, salutismo, clima e concorrenza di altre bevande, soprattutto tra i giovani, ma anche il rischio dei dazi in Usa, diventato decisamente concreto dopo la vittoria elettorale di Donald Trump, nel primo mercato mondiale del vino e primo partner straniero delle imprese italiane, sono gli scogli che rallentano la navigazione, in una burrasca che non accenna a placarsi nei prossimi mesi. Di falle vere e proprie nello scafo che facciano temere un naufragio al convoglio del vino italiano, però, ad oggi non se ne vedono di evidenti, ma diventa sempre più importante che i timonieri, i capitani d’impresa, riescano ad interpretare, in maniera sempre più precisa e al tempo spesso veloce, il mutare delle correnti, per evitare disastri. E tra loro, sono di più quelli che, all’orizzonte, scorgono nuvole ancora più scure e dense, spinte soprattutto dai venti delle difficoltà economiche del mondo, piuttosto che la luce di una nuova rasserenante alba.
È il quadro che emerge dal sondaggio WineNews sulla chiusura del 2024 e le prospettive per il prossimo futuro, con la visione di 20 realtà di primissimo piano del vino italiano, che mettono insieme un fatturato aggregato superiore ai 2 miliardi di euro (che rappresenta oltre il 14% dell’intero giro d’affari, alla produzione, del settore), con un campione variegato, fatto di piccole aziende di grande blasone, grandi gruppi strutturati con cantine e brand di grande prestigio, e cooperative che, da tempo, hanno puntato sulla qualità e sulla costruzione di marchi importanti e ben posizionati sul mercato.
Guardando alla chiusura dell’anno, in particolare, se la maggior parte delle cantine (il 40%) si aspetta di chiudere in linea con il 2023, il 35% prevede un saldo negativo del fatturato, nella maggioranza dei casi contenuto entro il -4%, ma con punte anche del -9%/-10%, contro un 25% che invece prevede una crescita del giro d’affari, nella maggior parte dei casi tra il +2% ed il +5%, con pochissime eccezioni che prevedono di arrivare al +9%. Un’attesa, quella per la chiusura dell’anno, sperando che le festività natalizie migliorino il quadro generale, che è sostanzialmente in linea con quanto visto nei primi 9 mesi del 2024.
Periodo in cui il 35% delle aziende dichiara fatturati in linea con lo stesso periodo del 2023, e solo il 25% una crescita, talvolta anche sostanziosa, tra il +5% ed il +10%. Ma ben il 40% del campione, di contro, dichiara un calo di fatturato, nella maggior parte contenuto entro il 5-6%, ma con punte che arrivano al -10-12%.
Con andamenti diversi, però, se si guarda al mercato interno o a quello mondiale. Sul fronte Italia, il 25% del campione dichiara, infatti, una sostanziale stabilità, mentre è quasi parità tra il 35% che evidenzia una crescita, seppur contenuta nella maggioranza dei casi tra il +2% ed il +4%, con qualche escursione intorno al +6%, ed il 40% che racconta di un calo degli affari, spesso contenuto sul -2%/-3%, ma con qualche punta anche del -12%.
Guardando oltreconfine, invece, la metà esatta del campione, il 50%, indica stabilità sui primi 9 mesi 2023, e solo il 15% parla di crescita, in una forbice che va dal +7% al +12%. Per il restante 35%, il business generato dalle spedizioni all’estero è in calo, anche in maniera sensibile, in un range che va dal -5% al -12%. (Red-Lab/Labitalia)