Curiosità - 15 novembre 2024, 10:38

Un viaggio nel tempo: il Giro del Monviso del 1975 in Super8 [VIDEO]

Un video restaurato riporta alla luce un’avventura alpina tra neve, rifugi e spirito di montagna assieme alla testimonianza del cambiamento climatico

Gli amici alla partenza per il "Giro di Viso"

Era l'estate del 1975 quando cinque amici si lanciarono nell'avventura del ‘Giro di Viso’, un percorso che all'epoca era ancora poco battuto e carico di fascino inesplorato.

Giusto Baudracco, uno dei protagonisti, documentò quell’esperienza con una telecamera Super8, immortalando momenti che, a distanza di quasi cinquant’anni, tornano a vivere grazie al ritrovamento della vecchia bobina da parte del figlio  Roberto Baudracco .

La bobina originale è quindi stata restaurata e riadattata nei colori da Davide Giordano, di Crissolo, laureato in Geografia, appassionato videomaker e specializzato nel riediting di vecchi video che hanno per protagonista soprattutto la valle Po.

Il risultato è un documento emozionante che testimonia un'epoca in cui l’alpinismo era sinonimo di semplicità e rispetto per la natura.

Le riprese iniziano con la partenza dei cinque escursionisti a bordo di una Fiat 127 bianca, diretti verso Pian del Re.

L’unica immagine di Giusto Baudracco, sempre dietro la cinepresa, appare nei primi secondi del video, filmato da uno degli amici.

Davide Giordano nel rieditarlo e ‘restaurarlo’ ha anche potuto fare degli studi sulla quantità di neve che 50 anni fa, in piena estate era presente sul Monviso che oggi è praticamente scomparsa.

Il video offre uno sguardo su un paesaggio montano profondamente diverso da quello attuale. "Nell’inverno 1974-75 cadde molta neve – spiega Giordano – come dimostrano le grandi quantità ancora presenti in estate sui canali e sul ghiacciaio Coolidge, sulla parete Nord del Monviso".

Quel periodo fu segnato persino dall’impresa storica del maestro di sci Nino Viale di Limone Piemonte, che il 22 luglio 1975 discese con gli sci (lunghi ben 220 cm.) dalla parete Nord del Monviso.

Gli alpinisti, armati di zaini, scarponi e calzettoni di lana, affrontarono il percorso con un’attrezzatura lontanissima dagli standard tecnologici di oggi. Le ghette impermeabili erano l’unico strumento per attraversare i nevai.

L’avventura toccò luoghi simbolici del Giro di Viso: da Pian del Re gli escursionisti risalirono a Pian Mait, attraversarono il Buco di Viso e giunsero in Francia, passando per il primitivo rifugio Bailif. Salirono al Colle di Vallanta e pernottarono al rifugio Gagliardone, per poi attraversare il bosco dell’Alevè e concludere il viaggio al rifugio Quintino Sella, all’epoca ancora nella sua prima versione.

L'ospitalità dei rifugi di allora, seppur essenziale, emanava un fascino unico. "Il Gagliardone, che sarebbe stato sostituito dal Rifugio Vallanta quindici anni dopo, rappresentava con il Bailif e il Quintino Sella un simbolo di tenacia e romanticismo alpino – ricorda Giordano –. Le provviste venivano trasportate a dorso di mulo o sulle spalle dei gestori, poiché gli elicotteri avrebbero fatto la loro comparsa solo alla fine degli anni ’80".

Guardando le immagini, affiorano i ricordi personali del geografo: "Percorrere il sentiero intorno al Monviso è un’esperienza spirituale paragonabile alla salita al monte Kailash: qualcosa da fare almeno una volta nella vita".

Giordano rievoca con nostalgia il servizio radio tra i rifugi e il centro di ascolto di Crissolo, gestito dal radioamatore Tino Borri. "La sua voce, sulla frequenza 146,035 MHz FM, era il legame tra chi affrontava il Giro del Monviso e il mondo esterno".

Un dettaglio curioso chiude la narrazione del video: "Fa effetto vedere nel video qualcuno che, scendendo dal Colle delle Traversette, portava una bicicletta sulle spalle, un mezzo che sembrava più un cancello con le ruote".

Grazie al restauro di Davide Giordano, il video del 1975 diventa una finestra su un’epoca di grande semplicità e connessione con la natura. "Un documento che – conclude Giordano – non solo celebra la bellezza e la spiritualità del Monviso, ma invita a riflettere sui cambiamenti climatici e sociali che hanno trasformato il nostro modo di vivere la montagna".

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Anna Maria Parola